Stellantis starebbe esaminando diverse opzioni per la fabbrica di automobili di Ellesmere Port nelle Midlands Occidentali inglesi, inclusa la chiusura dello stabilimento nel caso non riuscisse a raggiungere un accordo con il governo britannico su nuovi investimenti. Secondo quanto rivelato all'agenzia di stampa Bloomberg da Michael Lohscheller, capo delle unità Opel e Vauxhall del Gruppo, la Casa automobilistica starebbe valutando la possibilità di rinnovare la fabbrica - che impiega circa 1.000 persone e dove attualmente viene prodotto l compatta Astra - per la produzione di auto completamente elettriche anche nell'ottica del divieto previsto dal Regno Unito per vietare la vendita di veicoli con motore a combustione dal 2030 nella spinta a realizzare industrie 'green'. Affinché la revisione vada a buon fine Stellantis starebbe cercando incentivi finanziari e impegni per il commercio post-Brexit di ricambi auto, batterie comprese.
«Stellantis spera di raggiungere un accordo vincolante su Ellesmere Port con il Regno Unito nel prossimo futuro» ha detto Lohscheller aggiungendo che «In questa fase queste le discussioni sono produttive, ma non conclusive». Mentre la mancanza di sostegno del governo potrebbe portare alla chiusura della fabbrica «Stellantis si aspetta che le autorità si comportino nell'interesse dell'economia britannica». Il CEO ha rifiutato di commentare i futuri piani di produzione della fabbrica: «Vorremmo rivelarli a tempo debito, ma prima abbiamo bisogno del sostegno del governo britannico per realizzarli». I dirigenti si sarebbero incontrati ripetutamente con i rappresentanti del governo e del lavoro negli ultimi mesi per cercare di concludere un accordo che possa mantenere Ellesmere Port in funzione in modo redditizio una volta che la produzione dell'attuale Astra verrà gradualmente eliminata. «Lo stabilimento di Ellesmere Port è un importante datore di lavoro e chiuderlo avrebbe conseguenze devastanti» ha dichiarato in un comunicato Ed Miliband, portavoce del Labour. «Il governo non deve semplicemente restare a guardare perché così facendo si rischia di aggravare la crisi della disoccupazione».