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Strage Bologna, Lupacchini: "Illogica responsabilità Mambro e Fioravanti"

01 agosto 2020 | 16.31
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Foto Fotogramma
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I rapporti fra Francesca Mambro e Valerio Fioravanti e la Banda della Magliana sono stati "amplificati" ed "enfatizzati", e l’ipotesi che siano stati loro a piazzare la bomba alla stazione di Bologna il 2 agosto del 1980, sul piano storiografico appare "illogica e incoerente". Lo dice all’AdnKronos il magistrato Otello Lupacchini, che nella sua lunga carriera si è occupato, fra molto altro, della strage di Bologna, della Banda della Magliana, degli omicidi del pm romano Mario Amato e del banchiere Roberto Calvi, ma anche del terrorismo di sinistra, sino all’omicidio di Massimo D’Antona.

"La motivazione della condanna di Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti -spiega Lupacchini- si fonda sull’asserito rapporto esistente fra i Nar e i servizi segreti, Super-Sismi in particolare: i primi come esecutori, i secondi come mandanti. Nell’impianto originario dell’accusa, tutto aveva un senso", ma "questa ricostruzione, originariamente perfetta, si è poi sgretolata". Inoltre, "non è stata mai fornita la prova, o almeno enunciato qualche indizio, del legame tra Mambro, Fioravanti e Ciavardini con i servizi segreti e con la P2 di Licio Gelli, e sebbene abbiano trovato piena conferma processuale sia i rapporti tra la Banda della Magliana e gli esponenti della destra eversiva 'storica'".

Per Lupacchini, poi, l’ipotesi che Mambro e Fioravanti abbiano deliberatamente ucciso 85 innocenti a Bologna "pone problemi piuttosto seri di logica e coerenza, perché dovremmo considerare Mambro e Fioravanti, due giovanotti esuberanti di poco più di 20 anni, agenti addirittura doppi, che da una parte portavano avanti un terrorismo di tipo "selettivo" con l’individuazione di precisi obiettivi, e dall’altra un’attività terroristica indiscriminata di diffusione della paura".

Quanto alle note del Sismi inviate al governo italiano poco prima della strage di Ustica del 27 giugno 1980, dalle quali emergono le minacce al nostro Paese da parte del Fplp, "non è peregrino il discorso di aprirsi alle conoscenze che possano derivare dall’eliminazione del segreto di Stato, senza l’ipocrisia dei danni che potrebbero derivarne a qualcuno ancora in vita che faceva parte di certe catene di comando e di certe catene di fedeltà".

Quanto alla vicenda giudiziaria nel suo complesso, "processualmente la verità è ormai stata affermata, a meno che non emergano fatti nuovi e diversi idonei a provocare una revisione della decisione, ma la ricostruzione processuale di un fatto patisce una serie di limiti che la ricostruzione storiografica non patisce, per cui la discrepanza fra i due aspetti ci può essere, e non si può pretendere di fare la storia con i provvedimenti giudiziari".  

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