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Strage Motta Visconti, l’addio alle vittime: “Abbiamo bisogno di silenzio”

21 giugno 2014 | 12.14
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Il vescovo durante l’omelia delle esequie di Maria Cristina Omes e dei suoi due figli, uccisi una settimana fa: serve anche una “parola che aiuti a capire, non chiacchiere”. Strade deserte e negozi listati a lutto con le serrande abbassate

Strage Motta Visconti, l’addio alle vittime: “Abbiamo bisogno di silenzio”

E’ stato un minuto di silenzio interminabile, rotto solo dal suono delle campane, quello che ha preceduto l’inizio delle esequie di Cristina Omes e dei suoi figli, Giulia e Gabriele, uccisi dal marito Carlo Lissi una settimana fa. Ed è lo stesso “silenzio” chiesto nella sua omelia dal vescovo vicario della Diocesi di Milano, Mario Delpini, dopo le “chiacchiere”, “il clamore delle notizie” e l’”ossessione delle immagini quando non c’è nulla da vedere”. La piazzetta di fronte alla chiesa di San Giovanni Battista di Motta Visconti, troppo piccola per contenere tutta la comunità, è gremita già alle 9 del mattino, in attesa che apra la camera ardente.

Tutte le strade della città sono deserte, i negozi listati a lutto con le serrande abbassate. E’ un paese fantasma quello della piccola cittadina tra Pavia e Milano, sconvolto dopo il triplice omicidio confessato da Lissi, e che, nelle parole del vescovo vicario, “non riesce a spiegarsi l’inspiegabile”. Sono due le famiglie distrutte da quanto accaduto: quella di Cristina e quella di Carlo. Giuseppina Radaelli, nonna e mamma della donna uccisa, esce dalla chiesa sorretta da più persone. Sono assenti, invece, i familiari del giovane padre assassino.

“Sono stato a casa loro ieri. Sono distrutti e non se la sono sentita. Gli avrei garantito sicurezza, ma proprio non ce la facevano, e non tanto per paura della gente”, spiega ai cronisti il sindaco di Motta Visconti, Primo De Giuli. Sono stati probabilmente i carabinieri a sconsigliare i genitori di lui, Carla e Francesco, di esserci, per evitare qualsiasi situazione spiacevole. “Non si fanno più vedere in giro, ormai”, sussurra un’anziana signora fuori dalla chiesa. Le due famiglie, tuttavia, dovrebbero essersi incontrate più volte in questi giorni e sarebbe stato proprio Francesco Lissi a dire alla mamma di Cristina cosa fosse davvero successo la notte di sabato 14 giugno.

Carlo Lissi, che resta in carcere a Pavia, ha ucciso la sua famiglia a coltellate per sbarazzarsi degli ultimi sei anni della sua vita, come ha raccontato lui stesso agli inquirenti. Oggi non c’è spazio per i dettagli scabrosi e cruenti. C’è spazio solo per il ricordo di una madre e dei suoi bambini, Gabriele, di 20 mesi e Giulia, di quasi cinque anni. “Deliziosi”, li descrive una maestra, Antonella, che in chiesa racconta: “Avevi quattro anni, che non si arriva a contarli sulle dita di una mano, e avevi sempre il primo bottone sbottonato”. Giulia chiamava il fratellino, “sempre col sorriso sulle labbra”, ‘tato’.

Cristina era una “mamma affettuosa”. Il loro ultimo viaggio è affidato a tre bare bianche, coperte da rose a loro volta bianche, che escono dalla chiesa verso le 11 applaudite dalla folla in lacrime. Sono almeno tremila le persone che compongono il corteo funebre al cimitero, dove i familiari delle vittime hanno chiesto di poter stare da soli, per qualche minuto di raccoglimento privato, prima che a tutta la comunità sia data la possibilità di lasciare un biglietto o dei fiori vicino alle tombe.

“Un gesto incomprensibile accaduto sotto i nostri occhi impotenti ma che non deve far vacillare la comunità”, dice il sindaco in chiesa, per l’ultimo saluto alle vittime. Un qualcosa che “devasta la mente”, in una mattina che poteva essere “solo una come tante per gli abitanti di Motta Visconti”. In chiesa, prendono la parola per un breve addio anche i colleghi di Cristina e i volontari della Croce Rossa, con cui la donna aveva lavorato in passato.

In questi giorni, “una specie di gusto di aggiungere particolari per dare spiegazione all’inspiegabile ha aumentato la confusione. Abbiamo bisogno di silenzio”, ribadisce più volte, non senza una velata critica ai media, monsignor Delpini, che ha officiato la messa insieme al parroco, don Gianni Sala. “La vita delle brave persone di Motta Visconti - aggiunge - è stata sconvolta”. Per il vescovo vicario serve “una parola per continuare a vivere. Viviamo in attesa di una parola che sia più seria delle chiacchiere e dei luoghi comuni. L’unica possibilità che abbiamo di vedere insieme parola e silenzio è - spiega - la preghiera”.

Sul piano giudiziario, nei prossimi giorni dovrebbe essere affidato a Domenico Musicco, legale dell’associazione ‘Valore donna’, il mandato di tutela dei familiari delle vittime della strage. La nonna delle vittime e madre di Cristina, tra l’altro, avrebbe avuto un malore nel primo pomeriggio e sarebbe stata portata in ospedale.

Per Carlo Lissi potrebbe essere presto disposta la perizia psichiatrica, ma Motta Visconti l’ha già condannato al massimo della pena. Fuori dal cimitero, oggi, c’è chi dice: “Qui, non vogliamo mai più rivederlo”.

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