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Sudan: Meriam, temo per il futuro della mia famiglia (2)

02 luglio 2014 | 13.56
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(Aki) - Italians for Darfur rilancia al vice ministro degli Esteri Lapo Pistelli che si trova in Sudan l'appello di Meriam Yehya Ibrahim, la donna sudanese di 27 anni che dopo essere stata riconosciuta non colpevole del reato di apostasia si dice ora ''preoccupata per il futuro della sua famiglia e ha paura per le condizioni di salute di sua figlia Maya, nata il 27 maggio mentre si trovava nel carcere di Khartoum''. E' quanto scrive Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur, su Twitter e sulla pagina Facebook dell'associazione.

"Ha raccontato in ambasciata di non sentirsi sicura in Sudan - prosegue Napoli - ha anche ricordato di come fosse stata costretta a partorire incatenata alle caviglie e per questo di non essere stata in grado di aprire bene le gambe per far nascere la sua bambina. E questo, teme, potrebbe aver causato danni alla piccola e non esclude che in futuro possa avere problemi a camminare". "E' davvero inaccettabile che questa vicenda non riesca a concludersi - sottolinea la presidente di Italians for Darfur - e l'accanimento nei suoi confronti rappresenta una nuova persecuzione. Dopo le accuse del Niss per l'utilizzo di presunti documenti irregolari, che in realtà erano stati emessi dall'Ambasciata sud sudanese, si è aggiunta una denuncia da parte di persone che affermano di essere suoi parenti. E' dunque evidente, come mi ha scritto l'avvocato al Nour in uno dei suoi ultimi messaggi, che vogliono fare di tutto per trattenerla il più possibile in Sudan", conclude l'attivista e giornalista che dall'inizio segue la vicenda di Meriam.

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