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Beni culturali: traffico a Roma minaccia i monumenti, sporca ed erode

06 marzo 2015 | 16.30
LETTURA: 3 minuti

Il caso emblematico dell'Elefantino della Minerva "annerito", ma anche quello della fontana del Mosè: in appena due anni vanificati gli effetti del restauro dall'inquinamento causato dalle automobili.

L'Elefantino di Piazza della Minerva a Roma dopo il restauro (foto Paolo Piccioni © Iscr)
L'Elefantino di Piazza della Minerva a Roma dopo il restauro (foto Paolo Piccioni © Iscr)

“Se nei piani per la mobilità di una città come Roma si tenesse conto della presenza dei monumenti di pregio, si potrebbero diminuire in modo decisivo gli impatti ambientali che interessano i beni culturali”. Così all'Adnkronos Annamaria Giovagnoli, chimica esperta sui temi dell'inquinamento ambientale e dei relativi danni sulle opere, dell'Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro.

E' l'inquinamento atmosferico, in particolare quello imputabile al traffico automobilistico, una delle principali minacce che pesano sui beni culturali. Causa non solo dell'annerimento, o “sporcamento” per usare il termine tecnico, delle superfici, ma anche di una vera e propria erosione. Un esempio emblematico? L'Elefantino di Piazza della Minerva a Roma, commissionato da Papa Alessandro VII Chigi a Gian Lorenzo Bernini che lo progettò avvalendosi per la realizzazione, nel 1667, dello scultore Ercole Ferrata, suo collaboratore abituale.

Un'opera che, sottoposta a un restauro durato sei mesi, è “l'emblema dei monumenti sottoposti a danni antropici”, spiega Giovagnoli ricordando come, durante il restauro, siano emersi numerosi danni causati proprio dalle persone (comprese delle sassate) che ne hanno degradato il marmo. E “quando una superficie è degradata è più vulnerabile a inquinamento e impatti climatici”. A questo si aggiunge il fatto che “la piazza non è pedonale, ci passano automobili e motorini, e la presenza di croste nere è sicuramente legata a questi fattori”.

Un intervento molto delicato che ha restituito il monumento alla sua bellezza. Un intervento, però, che se è stato in grado di rimuovere le patine nere che nascondevano il colore originario non ha però potuto rimuovere la causa del deterioramento. “Bisognerebbe fare un uso urbano diverso di queste piazze in cui sono presenti opere di eccezionale valore”, sottolinea l'esperta dell'Iscr.

Perché viene da chiedersi: quanto un intervento di questo genere (il cui costo complessivo dei lavori è stato di 70.000 euro, interamente erogati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali) può durare se non mutano le condizioni con cui è costretto a convivere il monumento? “Difficile dirlo – risponde Annamaria Giovagnoli - i materiali usati negli interventi di restauro hanno una durabilità di 5-6 anni, ma più il traffico è presente più questo tempo di accorcia”.

Lo testimonia la fontana del Mosè a Largo di Santa Susanna, oggetto già di due restauri. A causa del traffico “l'annerimento non è più solo 'spolverabile', ma serve un intervento di restauro vero e proprio in appena due anni”. Perché, spiega l'esperta, "lo sporcamento da smog inizialmente è un processo abbastanza lento e il materiale che deposita è incoerente e rimovibile con il pennello, ma quando più intenso è il traffico delle auto, che emettono particelle oleose e idrorepellenti, tanto più queste penetrano nelle porosità del materiale e bisogna poi intervenire con un restauro conservativo”.

Sporcamento ma non solo perché “sui materiali lapidei si può verificare una dissoluzione chimica per interazione del materiale stesso con alcuni gas presenti in atmosfera causando recessione superficiale”. Una vera e propria erosione, dunque.

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