In piazza della Libertà a Roma, poco prima che scoppiasse la guerriglia urbana, a festeggiare i 119 anni della Lazio c'era anche suor Paola, la religiosa tifosissima degli aquilotti. "Vado alla festa della Lazio ogni anno. E prima di mezzanotte era tutto tranquillo, una simpatica festa colorata come ogni anno, insieme a tanti tifosi laziali - racconta all'AdnKronos la suora che da tanti anni porta il suo aiuto nelle carceri -. Se fossi rimasta oltre, sarei andata a parlare con queste persone, che certamente non sono dei tifosi perché un tifoso non si incappuccia mai, per cercare di capire il perché di queste azioni vergognose".
La suora riflette sulle conseguenze della guerriglia, pensando ai poliziotti feriti. C'è chi chiede il carcere, chi invoca il Daspo a vita per gli autori dei fatti: "Io in carcere incontro tanti detenuti, anche persone che hanno avuto il Daspo ma non è che risolva molto. E non mi trova d'accordo nemmeno l'ipotesi della chiusura degli stadi sui cori razzisti perché significherebbe punire tante famiglie e gente perbene che la domenica va allo stadio per vedere in tranquillità la squadra del cuore. Ad ogni modo mi viene da pensare che anche quelli di stanotte non siano tifosi ma persone che vogliono seminare guerriglia e distruzione. Nulla a che vedere col tifo".
Secondo suor Paola, più che la repressione servirebbe una seria riflessione: "Occorre un incontro con politici, giocatori, tifosi. Un faccia a faccia per fare il punto della situazione e cercare di capire dove si sta andando. Perché un conto è lo sfottò a voce tra tifosi, al quale tante volte assisto anch'io allo stadio; altra cosa è la guerriglia urbana che nulla ha a che vedere con il tifo. Serve un'indagine seria".