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Super-euro a 1,20 dollari: rischi e vantaggi

31 agosto 2017 | 07.37
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(Fotogramma)
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di Laura Botti

Super-euro a 1,20 dollari, per la prima volta da gennaio 2015. Sulla scia dell'ultima provocazione della Corea del Nord - che ha fatto scattare il 'fly to quality' sui mercati finanziari, con gli investitori che dirigono i flussi di capitali verso beni rifugio, l'oro in primis - la moneta unica avanza sul dollaro, con il tasso di cambio che ha superato quota 1,20, ai massimi da gennaio 2015. Un rafforzamento del 15% che, se da un lato minaccia export e turismo, dall'altro favorisce acquisizioni e joint venture nell'area del dollaro e importazioni di materie prime pagate in dollari nell'Ue.

"Il rischio principale è che ne risentano le imprese esportatrici, soprattutto quelle piccole e medie che dipendono dal sistema di distribuzione dei paesi dove esportano", spiega all'Adnkronos Stefano Manzocchi, Direttore del Dipartimento di Economia e Finanza della Luiss di Roma. "Tutte quelle aziende italiane che nell'ultimo periodo sono andate bene nel mercato statunitense - spiega il docente - potrebbero essere penalizzate dal nuovo tasso di cambio".

Un colpo basso all'export italiano, quindi, che potrebbe indebolire l'intera economia del Paese. La ripresa dell'Italia è infatti trainata anche dalle esportazioni verso paesi extra-Ue, in aumento - secondo i dati Istat di giugno - del +9% nei primi sei mesi del 2017 rispetto all'analogo periodo 2016.

Il Super-euro inoltre potrebbe avere delle ripercussioni negative anche su altri settori del mercato italiano. "Tale situazione potrebbe danneggiare anche il turismo - aggiunge Manzocchi - in quanto il nostro Paese potrebbe risentire del calo di turisti nordamericani e del Sud-Est asiatico che potrebbero scegliere di recarsi in aree non legate all'euro".

Al tempo stesso, però, un euro più forte consente alle imprese italiane di globalizzarsi effettuando più investimenti nell'area del dollaro. "Il principale vantaggio dell'attuale tasso di cambio è che le imprese italiane hanno la possibilità di effettuare maggiori acquisizioni all'estero. Un euro forte infatti consente più acquisizioni, fusioni e joint venture nell'area del dollaro".

Un altro beneficio potrebbe essere rappresentato dalle importazioni meno care, in quanto con il Super-euro si pagano meno le commodities denominate in dollari, come petrolio e cereali. Tuttavia "il vantaggio non è così rilevante - spiega Manzocchi - in quanto i prezzi delle materie prime sono troppo bassi e l'inflazione ancora molto contenuta". L'inflazione, ferma all'1,3% nell'Eurozona, è infatti ancora lontana dall'obiettivo della Bce di un tasso vicino al 2%.

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