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Superbonus 110, prima le truffe ora i fallimenti: gli eccessi del mercato drogato

17 febbraio 2023 | 12.19
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Le distorsioni di una misura che non prevede contromisure. Tornare indietro ha un costo alto

Superbonus 110, prima le truffe ora i fallimenti: gli eccessi del mercato drogato

Potrà diventare un caso di scuola. Il Superbonus 110%, la misura introdotta dal governo Conte II, mal sopportata da Mario Draghi e sostanzialmente abolita ora dal governo Meloni, è destinato a diventare un precedente ingombrante nella storia degli interventi pubblici in economia. E anche un dossier difficilissimo da affrontare per limitare i danni e consentire un processo 'ordinato' di ritorno alla normalità.

La premessa è che qualsiasi bonus, per sua natura, ha un effetto distorsivo sul mercato. Quello prodotto dal Superbonus nei suoi quasi tre anni di vita, è stato introdotto a maggio del 2020, è più evidente per le caratteristiche del provvedimento. Prima fra tutte, quella di assicurare un 'ritorno' superiore, 110%, rispetto anche al valore complessivo dell'operazione. Questo, prima ancora di andare a considerare prezzi gonfiati, dubbie intermediazioni, vere e proprie truffe.

Nelle parole del leader Cinquestelle Giuseppe Conte, queste sono prese da un post Facebook del 20 ottobre 2021, c'è riassunta bene la filosofia del provvedimento. "Il Superbonus 110% è una misura che è stata ideata ed è diventata realtà grazie al Movimento 5 Stelle. Questa misura significa crescita, aumento del Pil, ed è un’occasione per le famiglie e le aziende di operare nel rispetto dell’ambiente e della sostenibilità". Obiettivi nobili e integralmente condivisibili. Altre parole, quelle di Mario Draghi, estendono l'analisi. "Il problema non è il Superbonus ma i meccanismi di cessione che sono stati disegnati... senza discrimine e senza discernimento... chi li ha disegnati è colpevole di questa situazione in cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti", ha scandito nell'aula della Camera nel suo ultimo intervento da premier. Oggi il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgett i dice di "sottoscrivere, dalla prima all'ultima parola".

Le imprese del settore sono, giustamente, contrarie alla decisione di fermare bruscamente il meccanismo. Rischiano di perdere tanto denaro e anche di fallire, nei casi, tanti, in cui l'attività legata al Superbonus è diventata praticamente esclusiva. Ci sono anche imprese, tante, che sono nate proprio per sfruttare l'occasione delle maxi commesse piovute sull'onda della misura. E ci sono tante truffe e tante operazioni illegali. Basta leggere gli atti di una delle innumerevoli operazioni della Guardia di Finanza per inquadrare il problema: "... secondo l’ipotesi investigativa, avrebbero posto in essere plurime cessioni di crediti d’imposta, maturati nell’ambito delle misure di sostegno all’economia denominate superbonus 110%. Gli indagati avrebbero fatturato lavori edili per un ammontare complessivo di oltre ... mln di euro che, verosimilmente, non sarebbero stati effettuati, e i relativi crediti fiscali fittizi sarebbero stati successivamente rivenduti a società compiacenti e, infine, monetizzati".

Quindi, lavori inesistenti, crediti fittizi, guadagno illecito. Ma anche mettendo da parte la dimensione illegale, e focalizzandosi sulle operazioni 'pulite', l'effetto distorsione produce danni. Alla stabilità delle imprese e alla concorrenza nel mercato. Per questo fermare il Superbonus comporta una lunga lista di problemi. Li ha elencati il candidato alla segreteria del Pd, e presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini. "Significa condannare alla chiusura decine di migliaia di imprese, fermare almeno 100mila cantieri, mandare sul lastrico migliaia di famiglie e far perdere il lavoro a 150mila persone occupate nel settore edile e nell'indotto". Ha ragione anche lui. Ma andare avanti senza correggere drasticamente la distorsione del Superbonus vorrebbe dire accumulare ancora problemi, rendendo pressoché impossibile un ritorno alla normalità. (di Fabio Insenga)

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