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'Taglia e incolla' del Dna per prevenire la sordità

21 dicembre 2017 | 18.59
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

Si chiamano 'topi Beethoven' in onore del compositore tedesco che perse l'udito a metà carriera, e a causa di un difetto genetico che presentano fin dalla nascita sono condannati alla sordità . Un destino che David Liu e colleghi dell'Howard Hughes Medical Institute americano sono riusciti a scongiurare, utilizzando le 'forbici molecolari' Crispr-Cas9 dell'editing genetico per correggere la copia mutata del gene Tmc1, responsabile del declino uditivo dei roditori.

Nell'esperimento pubblicato su 'Nature', prima di essere somministrato nell'orecchio dei topi attraverso una singola iniezione, l'armamentario correttivo del gene-editing è stato appositamente 'impacchettato' in uno speciale involucro scivoloso che - secondo quanto spiegano gli autori - permette di modificare soltanto la copia difettosa del gene Tmc1, salvando quella sana.

La mutazione genetica dei topi Beethoven - un difetto che provoca sordità anche negli umani - agisce causando la perdita delle cellule ciliate dell'orecchio interno, fondamentali per captare i suoni. Ebbene, dopo 8 settimane dalla procedura, negli animali trattati le cellule ciliate si presentavano simili a quelle di topi sani, a differenza che nel gruppo di roditori controllo. Non solo. Attraverso elettrodi posizionati nelle aree cerebrali dell'udito, in topi sottoposti al 'taglia e incolla' del Dna a un solo orecchio, gli scienziati hanno osservato che dopo 4 settimane dalla cura le orecchie trattate riuscivano a percepire suoni inferiori di circa 15 decibel rispetto alle altre. "Più o meno la differenza che passa fra il 'rumore' prodotto da una conversazione pacata e quello di un impianto per lo smaltimento dei rifiuti", spiega Liu.

Ma le forbici molecolari funzioneranno anche nell'uomo? Gli scienziati si mantengono cauti, però sembrano ottimisti: "Speriamo che un giorno questo studio possa portare allo sviluppo di una cura per alcune forme di sordità genetica nelle persone", afferma Liu che ha lavorato insieme al gruppo di Zheng-Yi Chen della Harvard Medical School statunitense.

La strada verso la clinica è ancora lunga, avvertono gli autori. Tuttavia se questa tecnica si dovesse rivelare trasferibile anche all'uomo, si prevede che il trattamento possa dare il massimo beneficio quando eseguito durante l'infanzia. La perdita geneticamente determinata di cellule ciliate dell'orecchio interno, infatti, è ritenuta al momento progressiva e irreversibile.

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