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Tangenti per il Mose, 35 arresti. In manette anche il sindaco di Venezia

04 giugno 2014 | 08.30
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I reati ipotizzati vanno dalla corruzione alla concussione fino al riciclaggio. Un centinaio le persone indagate. Chiesta la misura cautelare anche per l’ex governatore e ministro Giancarlo Galan. Legali Orsoni: “Accuse contestate poco credibili”. Il Mose, opera da 5 mld: che cosa è e come funziona

Tangenti per il Mose, 35 arresti. In manette anche il sindaco di Venezia

Trentacinque persone sono state arrestatate e un centinaio sono indagate nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Venezia sulle presunte tangenti pagate per il Mose, il sistema di dighe mobili per la salvaguardia della città lagunare. Sono in corso anche un centinaio di perquisizioni e sequestri di beni. I reati ipotizzati vanno dalla corruzione alla concussione fino al riciclaggio.

Tra gli arrestati nomi di spicco della politica, imprenditori e il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni.

La Procura ha inoltre formulato una richiesta di arresto per l’ex governatore e ministro Giancarlo Galan, attualmente deputato di Forza Italia e presidente della commissione Cultura della Camera.

“Preoccupazione per l’iniziativa assunta” viene espressa dagli avvocati Daniele Grasso e Mariagrazia Romeo, difensori del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni. I legali confidano “in un tempestivo chiarimento della posizione dello stesso sul piano umano, professionale e istituzionale”. “Le circostanze contestate nel provvedimento notificato - spiegano - paiono poco credibili, gli si attribuiscono condotte non compatibili con il suo ruolo ed il suo stile di vita. Le dichiarazioni di accusa vengono da soggetti già sottoposti ad indagini, nei confronti dei quali verrano assunte le dovute iniziative”.

Inchiesta Mose avviata 3 anni fa, primi arresti a febbraio 2013 - Gli arresti compiuti oggi all’alba dalla Guardia di Finanza su ordine della Procura di Venezia sono il frutto di tre anni di indagini che hanno portato a raccogliere, secondo gli investigatori, prove concrete di un vero e proprio sistema di corruzione tra esponenti politici e imprenditori. I primi arresti avvennero il 28 febbraio 2013. In carcere finì Piergiorgio Baita, presidente della Mantovani Costruzioni con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale. Secondo le indagini delle Fiamme gialle sarebbe stato messo in atto un giro di fatture tramite società “cartiere” con sede all’estero. In manette, oltre a Baita, tra gli altri Claudia Minutillo, l’ex segretaria personale dell’ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan. La cifra calcolata per la maxi evasione fiscale, secondo gli investigatori, sarebbe stata di circa 20 mln di euro.

Il 12 luglio 2013 la seconda ondata di arresti, che coinvolse, tra gli altri, il “padre del Mose”, Giovanni Mazzacurati, già presidente del Consorzio Venezia Nuova: si era dimesso dalla carica solo un paio di settimane prima. L’accusa era turbativa d’asta per appalti riguardanti il Porto di Venezia. Le piste seguite dalle Fiamme Gialle portano a fondi neri creati manipolando la gare d’appalto facendo così lievitare i costi del Mose e delle altre opere per la salvaguardia di Venezia.

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