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"Tedeschi pigri e italiani stakanovisti sul lavoro"

10 settembre 2017 | 15.30
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(Fotogramma)
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Ogni giorno i lavoratori italiani dedicano alla loro occupazione in media un'ora e mezza in più dei loro colleghi tedeschi. Che vantano il 'record' di lavoratori meno impegnati al mondo: appena 1363 ore l'anno mentre da noi il totale è di 1730 ore, 367 in più. Su un anno lavorativo di 220 giornate la differenza è fra un impegno quotidiano di 7,8 ore per noi e di 6,2 per i tedeschi.

Sono solo alcune delle sorprese che emergono dai recenti dati Ocse sul lavoro e che confermano - visti i risultati delle rispettive economie - come a quantità di lavoro non corrisponda necessariamente un livello di crescita corrispondente. Anche perché se negli ultimi anni il carico medio annuo per i lavoratori della Germania - con un boom economico quasi ininterrotto - è sceso dal 2000 a oggi di 89 ore (allora erano 1452), in Italia questo andamento si è invertito. Infatti nel nostro paese diciassette anni fa si lavoravano 1851 ore l'anno ma nel 2014 si era scesi a 1717, il minimo storico.

E la conferma della distanza fra Pil e lavoro arriva anche dal confronto con la Grecia. Infatti, in barba agli stereotipi - di stampo nordeuropeo, soprattutto - nell'Unione Europea, fra gli stakanovisti del lavoro ci sono i greci: a guardare i dati Ocse si direbbe che servono tre lavoratori tedeschi per fare quello che fanno due greci. Ad Atene ogni anno si passano in fabbrica o in ufficio in media 2035 ore, che fanno 9 ore e un quarto al giorno.

Sono cifre, queste dell'Ocse, che in realtà evidenziano soprattutto i problemi di produttività delle economie del Sud Europa (gli spagnoli sono a 1695 ore l'anno e i portoghesi a 1842). Tedeschi a parte, al nord pur lavorando molto poco se la cavano invece benissimo anche olandesi (1430 ore l'anno) e norvegesi (1424).

In area Ocse, comunque, la condizione meno invidiabile è quella dei lavoratori messicani che hanno un carico annuo di 2255 ore, quasi il 50 per cento in più rispetto a un tedesco. Unica consolazione (si fa per dire) il fatto che nel 2000 erano 2311 ore, 56 in più. Nello stesso intervallo però un'altra economia latino americana, ma molto più liberista, ovvero quella del Cile, è riuscita a registrare un calo dell'impegno lavorativo assai più forte, passando dalle 2263 ore del 2000 alle 1974 dello scorso anno.

Il trend di riduzione del carico orario emerge comunque anche dal dato sulla settimana lavorativa media nei singoli paesi. E qui i dati Ocse mostrano come in realtà - pur con un calo settimanale da 37,4 a 35,5 ore settimanali - oggi i lavoratori italiani si trovano più o meno nella posizione in cui erano i colleghi tedeschi nel 2000: allora in Germania si lavoravano 35,7 ore a settimana, oggi si è scesi a 34,5.

Anche qui, almeno nell'Ue, i greci danno una 'lezione' ai tedeschi con 39 euro lavorate a settimana, anche se - a livello europeo - il record (negativo) è dei polacchi con 39,9 ore. Un dato peraltro che non mostra in pratica alcuna variazione nel corso del periodo considerato: la settimana lavorativa dei polacchi era di 40,2 ore nel 2001 e oggi è quasi identica. Nello stesso intervallo di tempo i lettoni sono riusciti a ridurre il tempo passato al lavoro di quasi 3 ore e mezza (da 42,2 a 38,9).

La vera pacchia in realtà è quella dei danesi, che vantano la settimana lavorativa più corta al mondo: 32,1 ore a settimana, il tutto con stipendi altissimi e una qualità di vita invidiabile. Tutto il contrario di turchi e colombiani che ogni settimana passano al lavoro 47,9 ore. A conferma - se ce ne fosse bisogno - che non è il lavoro, ma il valore aggiunto a generare il benessere di una società.

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