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Traffico di rifiuti, blitz nel Lazio

19 febbraio 2019 | 07.46
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(Fotogramma /Ipa)
(Fotogramma /Ipa)

Maxi blitz dei carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della procura di Roma, quelli forestali di Roma e Latina e gli agenti della polizia locale di Roma Capitale contro il traffico di rifiuti. Carabinieri e polizia locale stanno eseguendo una serie di misure cautelari personali e reali emesse dal Tribunale di Roma su richiesta della locale procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia. Si tratta di 13 custodie cautelari agli arresti domiciliari, 10 obblighi di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria e il sequestro preventivo di 25 autocarri. I reati a vario titolo contestati riguardano il traffico illecito di rifiuti, corruzione, furto aggravato e peculato. Il blitz, scattato alle prime luci dell’alba, vede impiegati circa 200 uomini tra militari e agenti su diversi obiettivi tra Roma e Cisterna di Latina.

L’operazione è "l’esito di un’articolata attività di indagine - si sottolinea in una nota - avviata alla fine del 2017 sul Centro di raccolta Ama di Mostacciano dalla polizia locale di Roma Capitale, anche a seguito di alcune segnalazioni su presunte irregolarità". L’indagine, successivamente sviluppata con i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria di Roma e quelli forestali di Roma e Latina, coordinati dalla Procura della Repubblica, ha consentito di porre fine "ad una vera e propria attività continuativa ed organizzata per il traffico illecito di rifiuti".

COINVOLTI DIPENDENTI AMA, IMPRENDITORI E ROM - Sono tre i dipendenti Ama dal centro di raccolta di Mostacciano finiti ai domiciliari nell’ambito dell’operazione che ha scoperto una vera e propria filiera del traffico illecito di rifiuti che partiva dal centro raccolta Ama di Mostacciano e che vedeva coinvolti appunto i tre dipendenti infedeli ma anche imprenditori e rom. I tre dipendenti in particolare, come emerso dalle indagini, chiudevano un occhio e in cambio di quello che in gergo chiamavano 'il caffè', ovvero una mazzetta di 30-50 euro, permettevano a piccoli imprenditori di scaricare all’interno dell’area rifiuti speciali, tra cui scarti di edilizia. Poi subentravano i rom e in particolare la famiglia dei Seidovic che a loro volta prelevavano invece rifiuti elettrici e metallici, li bruciavano nei campi nomadi per estrarre i metalli e poi rivenderli in altri centri di raccolta gestiti da privati, tra cui quello di Cisterna di Latina e la Ferrauto di Fiumicino.

Un sistema in cui a guadagnarci erano tutti: solo la famiglia Seidovic in poco più di un anno ha realizzato profitti per 52mila euro rivendendo i metalli e materiali speciali fra cui anche batterie delle auto. A rimetterci era invece innanzitutto l’ambiente e la salute dei cittadini. A far scoprire il traffico hanno contribuito infatti anche gli esposti di alcuni comitati di quartieri che segnalavano strani movimenti nei centri di raccolta. Per le ditte invece il guadagno consisteva nell’abbattimento dei costi attraverso lo smaltimento illecito di rifiuti speciali.

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