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Tregua armata

23 novembre 2018 | 07.00
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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C'è chi usa la metafora della 'pace forzata' e chi, scherzosamente, evoca la tensione che si respira nei saloon dei film western. In Transatlantico, alla Camera, gli esponenti della maggioranza giallo-verde tirano un sospiro di sollievo dopo l'ok al ddl anticorruzione targato Alfonso Bonafede. Ma il clima è da tregua armata, visto che, sotto traccia, M5S e Lega continuano a rimpallarsi accuse sull'agguato di martedì sulla norma relativa al peculato. Ma ora è il momento di abbassare i toni: questo l'input che arriva dai vertici grillini.

Non a caso, fonti M5S fanno notare all'Adnkronos come, "per magia", qualsiasi riferimento a Silvio Berlusconi e alle leggi 'ad personam' addossate ai governi del centrodestra (in cui figurava anche la Lega) risulti assente nella dichiarazione di voto finale, affidata alla pentastellata Angela Salafia. Eppure, nel corso della discussione i grillini avevano sparato ad alzo zero contro la stagione di Berlusconi, facendo andare su tutte le furie i leghisti.

Ieri, nessun riferimento appunto. Un piccolo "gesto di cortesia" nei confronti del Carroccio, spiega all'Adnkronos un big pentastellato, "in modo da non esacerbare i rapporti tra Matteo Salvini e Berlusconi". Più che il feeling tra il segretario del Carroccio e Luigi Di Maio, il tema "è che per la prima volta, il gruppo leghista è sfuggito al controllo di Salvini", è il ragionamento che rimbalza tra i 5 stelle. I rapporti tra i due vicepremier, osserva un esponente del governo, "restano solidi: ma è chiaro che con lo scivolone sul peculato, Salvini esce indebolito e inizia a far fatica nel tenere i suoi".

Dopo 48 ore di diplomazia, si allenta la tensione sul sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, che, secondo indiscrezioni di stampa seccamente smentite da Di Maio, sarebbe stato accusato dai 5 Stelle di essere il 'regista' dello sgambetto sull'anticorruzione. Ieri pubblicamente sia Di Maio che Salvini ci hanno messo una pietra sopra.

I riflettori ora si accendono, nuovamente, sul decreto sicurezza fortemente voluto da Salvini. L'approdo del testo (che la maggioranza considera blindato) in Aula alla Camera è slittato a lunedì. E secondo qualche parlamentare del Movimento 5 Stelle "non è scontato che tutto vada liscio come l'olio...". Lo scivolone sul 'Catellum' - dal nome dell'autore dell'emendamento 'incriminato', il deputato ex grillino Lello Vitiello - ha lasciato ferite profonde nella maggioranza. E sebbene Di Maio abbia derubricato l'accaduto a un "incidente" perché la Lega, ha spiegato, si è impegnata col M5S "ad approvare il ddl ancora in minor tempo", tra i grillini c'è chi si è legato la vicenda al dito.

"Il provvedimento dovrà essere corretto al Senato dopo il grave e vergognoso errore sulla norma sul peculato, un errore fatto dalla Lega col giochetto del voto segreto che a nessuno di noi è mai piaciuto", rimarca Giuseppe Brescia, presidente M5S della Commissione Affari Costituzionali.

Il parlamentare vicino a Roberto Fico avverte: "Noi ci stiamo dimostrando corretti, leali, responsabili perché siamo ben consapevoli che le nostre azioni si ripercuotono sui cittadini. Ci aspettiamo lo stesso comportamento anche dalla Lega".

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