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Trenta anni fa moriva Donato Menichella, governatore di Bankitalia austero e riservato

22 luglio 2014 | 18.35
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E' stato protagonista della ricostruzione del Dopoguerra e autore della legge bancaria del '36, imperniata sul principio ancora attuale della separazione tra banca e impresa. Precursore della 'spending review', da pensionato chiese ed ottenne il dimezzamento dell'assegno mensile

"DonatoMenichella" di Anna Menichella - Opera propria. Con licenza Public domain tramite Wikimedia Commons

Autorevole, riservato, austero. Il ritratto di Donato Menichella non può prescindere dai tratti a cui è voluto restare fedele per tutta la vita. Nonostante la grande influenza che ha esercitato sull'economia italiana, non ha mai derogato ai suoi principi guida. Prima direttore generale dell'Iri, dal 1934 al 1944 in piena era fascista, e poi Governatore di Bankitalia, dal 1948 al 1960, è una delle figure principali del secolo scorso. Nato a Biccari (Fg) nel 1896, è morto a Roma, il 23 luglio 1984, esattamente trent'anni fa.

Considerato un fine economista, ha contribuito a scrivere pagine significative per lo sviluppo del Paese. Dalla legge bancaria del 1936, ribattezzata 'riforma Menichella' e imperniata sul principio ancora oggi attualissimo della separazione tra banca e impresa, fino alla ricostruzione del Dopoguerra, con la Banca d'Italia a guidare un processo di riforma capace di portare l'Italia tra i Paesi industrializzati. Sua, in particolare, l'idea nel 1950 di istituire la Cassa per il Mezzogiorno.

Rigoroso uomo delle istituzioni, ha sempre rifiutato ogni incarico politico, convinto che il suo ruolo fosse un altro, quello di 'guardiano' inflessibile della spesa pubblica, e dovesse restare tale. Nonostante l'esempio di Einaudi, che prima lo ha voluto al suo posto alla guida di Bankitalia e poi lo avrebbe voluto suo erede al Quirinale. No fermo anche alle offerte di un posto da senatore o ministro del Tesoro. Nessuno è stato capace di distoglierlo dalla scelta di un ritiro a vita privata. Nella più assoluta riservatezza, senza interviste, come ha fatto durante tutta la sua lunga carriera.

Precursore dei tempi anche sul piano della spending review e dell'austerity. Soprattutto personale, come attesta il figlio, che ne ha parlato come di uno 'specialista dell'autoriduzione'. Menichella non ritira, quando viene reintegrato all'Iri, due anni e mezzo di stipendio, rispondendo al presidente Paratore: 'dall'ottobre 1943 al febbraio 1946 non ho lavorato'. Fissa il suo stipendio nel dopoguerra a meno della metà di quanto gli viene proposto. E, arrivato alla pensione, il 23 gennaio 1966, chiede ed ottiene che gli si riduca l'assegno mensile praticamente alla metà, giustificandosi così: 'ho verificato che da pensionato mi servono molti meno danari'.

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