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Trent'anni fa lo sbarco della nave Vlora, presidente Comunità albanese ricorda un'accoglienza incredibile

08 agosto 2021 | 12.09
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Fotogramma/Ipa
Fotogramma/Ipa

''Dovevo prendere l'autobus per andare al lavoro, invece ho preso quello per andare al porto''. E così, con ''la libertà come meta'' e ''seguendo gli amici'', ma ''lasciando un vuoto terribile dietro, i genitori, la famiglia'', una mattina di trent'anni fa a Durazzo Edmond Godo decide di partire per l'Italia. E qui, come racconta all'Adnkronos nel trentennale dello sbarco della nave Vlora a Bari, ha trovato ''un'ospitalità incredibile'', ha trovato ''gli italiani che aprivano le loro case e ospitavano gli albanesi'' dimostrandosi ''calorosi in modo unico''. Perché ''la solidarietà dell'Italia non ha eguali'' e anche se ''il governo era impreparato ad accogliere una tale quantità di persone'', i cittadini hanno fatto il resto. ''Oggi è diverso'', dice, perché ''l'immigrazione è diventata una questione politica, allora si trattava di accoglienza umanitaria in linea con la cultura cattolica italiana''.

Nel 1991 è stato un viaggio ''dal comunismo e dalla dittatura verso la democrazia e la libertà'' alla quale ''non eravamo preparati. Siamo andati a scuola di democrazia''. E oggi, trent'anni dopo e cittadinanza italiana, Godo presiede a Roma l'Associazione della Comunità Albanese in Italia, Besa, che dal 2002 si occupa di promuovere e conservare la cultura e la lingua albanese in Italia. Nel 2004 è stato eletto consigliere aggiunto al Municipio Roma III e nel 2008 rappresentante della Comunità Albanese al Comune di Roma.

Si guarda indietro, pensa che ''tutti sognavamo l'Italia, per noi era una finestra importante''. Ricorda quegli ''80 chilometri di mare che ci separavano da una democrazia, da una realtà completamente diversa''. Pensare che ''durante il comunismo il porto era considerato un confine al quale non si poteva accedere. Sono di Durazzo, cresciuto vicino al mare, ma non sono mai entrato nel porto. Quando l'ho fatto mi è sembrato stranissimo'', un passo che cambia la vita.

''Siamo venuti tutti quanti in Italia per provvedere a beni di prima necessità che iniziavano a scarseggiare, per rispondere a una esigenza economica. Anche se il comunismo ci garantiva una casa e un lavoro. Ma a un certo punto non è bastato più'', ricorda Godo. Che ''solo dopo ci siamo accorti del vuoto psicologico, delle mancanze''. Vuoti in parte riempiti dagli italiani stessi. Ma oggi, ''nonostante gli appelli del Santo Padre praticamente ogni domenica, i tempi sono cambiati''.

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