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Tribunale Bologna condanna Stato a risarcire la madre della giovane strangolata nel '91

07 giugno 2016 | 18.03
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Tribunale Bologna condanna Stato a risarcire la madre della giovane strangolata nel '91

La terza sezione civile del Tribunale di Bologna ha condannato il ministero della Giustizia e la Presidenza del consiglio a risarcire con centomila euro Letizia Genoveffa Marcantonio, madre di Rossana Jane Wade, la 19enne strangolata dal fidanzato il 2 marzo 1991 a Fiorenzuola, nel Piacentino. La ragazza, che lavorava in un bar, fu assassinata e gettata in un casello ferroviario abbandonato nella zona di Fiorenzuola.

Per l'omicidio il fidanzato, Alex Maggiolini, è stato condannato a 15 anni e 8 mesi con sentenza definitiva dal 1995. La sentenza penale prevedeva anche il risarcimento alle parti civili, ma la madre non ha mai ottenuto il ristoro dei danni, dal momento che il condannato è nullatenente. Ma solo oggi la donna ha ottenuto il riconoscimento di un indennizzo dopo aver presentato causa, assistita dall'avvocato Claudio Defilippi, contro Ministero della Giustizia e presidenza del Consiglio.

In particolare il giudice Alessandra Arceri ha condannato ministero e presidenza per l'inadempimento dell'Italia in relazione ad una direttiva europea che, nel 2004, ha previsto che gli stati membri indennizzino le vittime in caso di reati violenti dolosi quando non sia possibile conseguirlo dal reo. Una direttiva rispetto alla quale l'Italia sembra essere inadempiente, anche se solo in parte. Nel tempo lo Stato ha emesso provvedimenti legislativi a tutela delle vittime di reati di terrorismo, strage e stampo mafioso. Ma non per le vittime di reati violenti come aveva disposto la comunità europea.

Il presupposto della condanna è, si legge infatti in sentenza "la mancata attuazione da parte dello Stato italiano della direttiva comunitaria del 2004 relativa all'indennizzo spettante alle vittime di reato violento nei casi di impossibilità oggettiva di queste di ottenere il risarcimento dal reo". Una mancata attuazione che è già costata all'Italia, ricorda il giudice, due procedure di infrazione. Nonostante la legge comunitaria del 2005 "lo Stato italiano ha adempiuto solo parzialmente all'obbligo...emettendo provvedimenti legislativi che tutelano, in via esclusiva, le vittime dei reati di terrorismo e strage e dei reati di stampo mafioso...lasciando invece inattuata la prescrizione che imponeva al medesimo di realizzare un sistema di indennizzo volto a ristorare le vittime di tutti i reati violenti, intesi nel loro complesso e senza discriminazioni".

Il giudice sottolinea anche come sia pacifico che "nell'attuale sistema normativo interno nessuna legge assicura ristoro alle vittime di gravi reati quali, primo tra tutti, l'omicidio realizzando così, tra l'altro, ingiustificata disparità di trattamento rispetto alle vittime di altre fattispecie criminose adeguatamente tutelate". Conformandosi a pronunce analoghe emesse dal Tribunale di Torino nel 2010, da quello di Milano nel 2014 e dal Tribunale di Roma nel novembre 2013, il giudice Arceri ha quindi disposto il risarcimento della donna.

"Essendo pacifico -scrive- che la parte non ha ottenuto il ristoro dei danni subiti per effetto dell'omicidio della figlia per impossidenza del condannato e che neppure la stessa ha potuto reclamare l'indennizzo previsto dalla direttiva (europea, ndr) quale doverosa apprestazione da parte dello Stato italiano e che tale impossibilità è da porsi in correlazione, causalmente, all'inadempimento statuale, la stessa è legittimata ad ottenere non già l'erogazione di un 'indennizzo', non determinabile nè alla stregua della direttiva nè alla stregua del diritto interno, bensì unicamente l'attribuzione di un risarcimento per somma determinabile in ragione della tipologia, della gravità e delle conseguenze dell'inadempimento statuale che in via equitativa può determinarsi non già in proporzione all'integrale danno subito bensì unicamente in misura corrispondente all'indennizzo che presumibilmente" la donna "avrebbe avuto il diritto di ottenere dallo Stato italiano". Indennizzo stimato congruo nella misura di 100.000 euro.

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