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Tricarico (Icsa): "La situazione in Ucraina è frutto della miopia del blocco nordeuropeo"

03 settembre 2014 | 16.09
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"Raffreddare i bollenti spiriti sull'Ucraina" per evitare "che i soliti noti scatenino una reazione a catena dall'esito imprevedibile, come avvenne tre anni fa in Libia". Dovrebbe questo, a giudizio del generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa ed ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare, "il primo obbiettivo di Federica Mogherini nel suo nuovo ruolo a Bruxelles, riportando le relazioni con Putin al clima del vertice Nato-Russia del 2002, svoltosi non a caso a Pratica di Mare. Ciò permetterebbe -sottolinea all'Adnkronos- di scongiurare uno scontro che non serve a nessuno e di rivolgere lo sguardo alle ben più pressanti minacce che vengono da Sud".

La situazione in Ucraina "è il frutto avvelenato di una visione della relazioni internazionali che non rispecchia gli interessi di tutti i paesi europei, ma solo la miopia del blocco nord europeo che sembra fermo alle logiche della Guerra Fredda, nonostante il Muro di Berlino sia caduto ormai 25 anni fa. Una miopia -rileva Tricarico- che sconfina nella cecità, almeno a giudicare dalla totale mancanza di chiarezza sull''end state', cioè l'assetto finale che si vuole ottenere per l'Ucraina".

"I politici inglesi e danesi che parlano di schierare forze militari vogliono tornare alla situazione di un anno fa? Di tre mesi fa? All'unità politico-geografica? A larghe autonomie locali, come quelle delle nostre Valle d'Aosta o Alto Adige? La mancanza di risposte chiare -continua Tricarico- non solo impedisce di aprire un tavolo di trattative, ma garantisce l'insuccesso di qualsiasi azione militare si voglia intraprendere".

Per immaginare "le conseguenze di un inutile intervento alle porte della Russia" è sufficiente per Tricarico "guardare alla guerra di Libia. Fortissimamente voluto dagli stessi che oggi alzano la voce sull'Ucraina, l'attacco alla Libia diceva di voler proteggere la popolazione ma mirava a rimuovere Gheddafi e riscrivere i legami politico-economici di un paese chiave per la stabilità del Mediterraneo, che è anche il fronte Sud della Nato".

"Ebbene -spiega il presidente della Fondazione Icsa- a tre anni di distanza in Libia è in corso una guerra civile, le vittime civili non si contano e l'anarchia alimenta i flussi migratori clandestini che portano drammi umani, disagio sociale, pericoli per la sicurezza e persino la salute pubblica. Chi, come l'Italia, si trova a doverli suo malgrado fronteggiare, deve affrontare non solo i costi esorbitanti di questa crisi ma anche la sostanziale mancanza di solidarietà e condivisione da parte di chi con la propria intransigenza ha scatenato questa crisi gravissima".

La stessa Nato "è indebolita dalle coalizioni a geometria variabile, che rivelano le divisioni interne e danneggiano la credibilità dell'assunto fondamentale della difesa comune sancito dall'art. 5. Ridurre l'Alleanza a standard tecnico-operativi e un menu di impegni à la carte rischia di travolgere la Nato, il cui ampliamento sembra essere improntato più alla logica delle 'quote di mercato' che delle 'esigenze del consumatore'. L'Italia, attraverso Federica Mogherini, deve imporre il buon senso. Che non è -avverte- quello di far buon viso a cattivo gioco, ma far riflettere sulle cause vicine e lontane della crisi in Ucraina e orientare le politiche dell'Unione Europea verso gli interessi comuni anziché di chi fa la voce più grossa".

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