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Tumore al polmone, 'super terapia' triplica sopravvivenza

11 settembre 2019 | 15.10
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ospedale - FOTOGRAMMA
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Arriva dall’immunoterapia una speranza concreta per i circa 10.000 italiani che ogni anno ricevono la diagnosi di tumore polmonare di tipo squamoso, uno dei più difficili da curare perché quasi sempre privo dei 'bersagli' molecolari contro cui sono diretti i farmaci biologici finora a disposizione: combinando l’immunoterapico atezolizumab con la chemioterapia la malattia rallenta in tutti i casi, e in alcuni pazienti metastatici la sopravvivenza quasi triplica, passando da una media di appena 10 mesi a ben 23 mesi. Lo dimostra lo studio internazionale IMpower131, condotto su oltre mille pazienti e coordinato dal ricercatore italiano Federico Cappuzzo, direttore del dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Ausl della Romagna a Ravenna, presentato in anteprima oggi a Barcellona durante la World Conference on Lung Cancer.

Anche per questi pazienti, che rappresentano circa un quarto di tutti i tipi di carcinoma polmonare, sarà perciò presto possibile una terapia realmente efficace. Atezolizumab è infatti già approvato per l’utilizzo nel nostro Paese in quasi tutti i tipi di tumore al polmone, i nuovi dati potrebbero consentirne a breve l’autorizzazione anche per questi malati 'orfani' di trattamenti. Lo studio internazionale di fase 3 IMpower131 ha coinvolto oltre mille pazienti con tumore polmonare di tipo squamoso metastatico, un carcinoma che riguarda il 25-30% di tutti i pazienti con cancro al polmone e che ha una prognosi severa, con una sopravvivenza modesta. Non risponde infatti a farmaci 'intelligenti', diretti su bersagli molecolari tumorali specifici già noti, ed è perciò trattato con la sola chemioterapia.

"Abbiamo associato a due tipi diversi di chemioterapia - spiega Capuzzo - l'immunoterapico atezolizumab, per verificare se la nuova combinazione fra immunoterapia e chemioterapia potesse migliorare la prognosi di questi pazienti rispetto alla sola chemio. I risultati mostrano che l’immunoterapia è l'unica vera opportunità che possiamo offrire a questi malati: in tutti infatti rallenta significativamente il rischio di progressione di malattia, ma i risultati diventano eclatanti nei pazienti che esprimono in abbondanza la proteina Pdl-1, bersaglio di atezolizumab. In questi casi la risposta è ancora maggiore e abbiamo registrato una sopravvivenza quasi triplicata rispetto alla sola chemioterapia, con la speranza di vita media che sale da appena 10 mesi a ben 23 mesi".

Una differenza molto significativa per pazienti metastatici con una prognosi severa che finora non avevano a disposizione altre armi terapeutiche a parte la chemioterapia, a cui risponde circa il 30-35% dei pazienti. "Livelli elevati della proteina Pdl-1 - evidenzia l'esperto - si trovano in circa il 20-25% dei malati: questi sono perciò i candidati ideali per questo tipo di associazione di immunoterapia e chemioterapia; è quindi sempre più necessaria un’attenta selezione dei pazienti per individuare chi risponderà meglio alle terapie a disposizione. Inoltre, atezolizumab è già stato approvato dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema) in seconda linea per quasi tutti i tipi di tumore al polmone, nei quali viene utilizzato abitualmente in clinica da circa un anno; questi dati supportano l’impiego nei pazienti con tumore polmonare di tipo squamoso non pretrattati, che finalmente potranno avere un trattamento mirato e con una maggiore efficacia rispetto alla semplice chemioterapia," conclude Cappuzzo.

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