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Tumori, 10 centri italiani pronti per Car-T

03 settembre 2019 | 16.31
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(Fotolia) - kwanchaift - Fotolia
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Sono 10 i centri in Italia pronti a partire da subito con il trattamento della prima terapia a base di cellule Car-T approvata dall’Aifa in Italia ad agosto. Si stima che il numero di pazienti che ogni struttura sarà in grado di trattare sarà nell'ordine di 1-2 al mese questo per "salvaguardare la sicurezza" e "garantire la copertura omogenea sul territorio". È quanto emerso dall'incontro a Basilea promosso dalla Novartis con la stampa internazionale e i suoi più importanti ricercatori per fare il punto sulle linee di ricerca e i progetti dell’azienda farmaceutica.

Sono ad oggi sette le Regioni che hanno deliberato sulle Car-T decidendo quali sono le strutture dove saranno trattati in futuro i pazienti: Liguria, Lombardia, Lazio, Toscana, Abruzzo, Umbria e Emilia Romagna. Sono invece 10 i centri, "ad oggi qualificati o in fase di qualifica per studi clinici presenti o futuri", sottolinea Novartis Italia, si tratta di: Humanitas, Irccs Istituto Nazionale Tumori e San Raffaele, a Milano; Fondazione Monza e Brianza per il bambino e la sua mamma; Città della salute e della scienza e l'ospedale infantile Regina Margherita a Torino; Sant'Orsola a Bologna; Bambino Gesù, Policlinico Gemelli e Umberto I a Roma.

L'Agenzia italiana del farmaco ha dato il via libera alla rimborsabilità della prima terapia a base di cellule Car-T (Chimeric Antigen Receptor T-cell) disponibile in Italia, denominata Kymriah* (tisagenlecleucel) di Novartis per per pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (Dlbcl) resistenti alle altre terapie o nei quali la malattia sia ricomparsa dopo una risposta ai trattamenti standard e per pazienti fino a 25 anni di età con leucemia linfoblastica acuta (Lla) a cellule B. Si stima che in Italia saranno 30-35 i pazienti pediatrici e tra i 600-700 gli adulti.

"Con le Car-T abbiamo rotto gli schemi perché riusciamo a curare la malattia con un solo trattamento e si riesce a dare speranza a pazienti che non l'avevano - ha affermato all'Adnkronos Salute Emanuele Ostuni, direttore 'Cell & gene therapy' Europa di Novartis Oncology - Ogni paziente sarà seguito per molto tempo e inserito in un registro. La produzione delle Car-T non è facile, è complicato creare un equilibrio tra capillarità dei centri in tutti i Paesi e salvaguardare la qualità. Oggi abbiamo un centro americano, molto importante, dove mandiamo le cellule del paziente e poi un altro più piccolo in Germania e in una struttura in Francia. In futuro si potrebbe pensare ad un centro di produzione in ogni Paese, perché speriamo ci saranno diverse malattie che potremmo trattare con le Car-T".

Novartis sta continuando a lavorare sul l'applicazione di questa nuova frontiera anche ad altre malattie. L'impegno della multinazionale e la sua proposta alle istituzioni italiane è "la creazione di una rete nazionale di Car-T tramite la collaborazione con Aifa e le Regioni nell'identificazione di un adeguato numero di centri qualificati su tutto il territorio. E inoltre la formazione e la qualifica nel tempo di almeno 25-30 centri per adulti e 6 centri per pazienti pediatrici". Sono ad oggi solo “sette le Regioni che hanno deliberato decidendo quali sono le strutture dove saranno trattati i pazienti", ricorda Paola Di Matteo, responsabile area medica Car-T Novartis Italia.

La Car-T therapy consiste nel prelevare i linfociti T del paziente, un tipo di cellule del sistema immunitario, modificandoli perché riconoscano le cellule tumorali e poi reinfondendoli dopo averli fatti replicare. "I pazienti - ricorda Di Matteo - si recano in ospedale e con una procedura detta di aferesi vengono raccolti e selezioni i loro linfociti T. Questi vengono inviati al centro di produzione, all’estero, che inserisce al loro interno un gene che permette la codifica di un recettore, che per semplificare chiameremo 'super-recettore'".

"Questo rende il linfocita 'potenziato', ovvero gli permette di esprimere una molecola che va a riconoscere un altro antigene presente nelle cellule tumorali. La raccolta dei linfociti è molto simile alla raccolta del sangue - sottolinea Di Matteo - i linfociti da inviare vengono congelati in un contenitore a -120 gradi centigradi e spediti al centro di produzione all’estero. Una volta lavorato il materiale, che possiamo chiamare anche farmaco, viene reinviato al centro in Italia dove viene scongelato e poi infuso al paziente per il trattamento del tumore".

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