(Adnkronos Salute) - "Si tratta di una metodica poco invasiva - suggerisce Mirone - a cui sono candidati i pazienti sottoposti a un intervento chirurgico endoscopico. Trenta minuti prima dell’ingresso in sala operatoria, sfruttando il catetere di cui di norma il paziente è già portatore, viene inoculata nella vescica (che deve essere mantenuta piena) una sostanza cromofora di cui si impregnano le mucose. Una volta stimolata con una illuminazione a luce blu, la sostanza emette una fluorescenza nello spettro del rosso che consente di 'vedere', nell'organo vescicale, le cellule sane da quelle tumorali".
Secondo Mirone "le caratteristiche di accuratezza della Pdd la rendono una metodica più affidabile rispetto alla tradizionale cistoscopia o alla Nbi per la quale non esistono sufficienti studi clinici. L'obiettivo - osserva - è di poter ulteriormente migliorare la sopravvivenza media a 5 anni, che si assesta oggi al 77% fra gli uomini e al 72% fra le donne, e di ridurre la mortalità che ha già subito un decremento di -1,6% annuo nella popolazione maschile e -2,6% annuo in quella femminile. Resta ancora parzialmente da risolvere - conclude Mirone - il problema delle false fluorescenze (falsi negativi), evitabile però programmando la Pdd distanziata da terapie o da altri interventi diagnostici".