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Ucina: "Dimenticati porti turistici, a rischio 2.200 posti"

24 dicembre 2018 | 15.07
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(Fotogramma)
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"Fortissima delusione per la mancata risposta del governo al tema dell'applicazione retroattiva, a contratti già in corso, dell'aumento fino al 400% dei canoni demaniali dei porti turistici". Lo scrive l'Ucina in una nota.

"Nonostante l’intensa attività di confronto con diversi ministri, l’emendamento parlamentare volto a chiudere a stralcio i contenziosi di 25 porti turistici con lo Stato non è stato inserito nel maxi emendamento del governo, votato al Senato, che ha interamente sostituito la manovra. Il contenzioso riguarda l'applicazione retroattiva - ricorda Ucina - dell'aumento fino al 400% dei canoni demaniali fissato dal governo Prodi nel 2006. In continuità con il passato, si è scelto di rinviare ancora una volta una decisione, necessaria, ora più che mai, a evitare il 'fallimento di Stato' delle imprese che travolgerebbe i 2.200 addetti delle strutture portuali interessate".

"In assenza di una specifica norma - continua la nota - a nulla sono valse le sentenze del Consiglio di Stato e quella della Corte Costituzionale, che ha sancito che i canoni possono essere aumentati, ma non retroattivamente, dovendosi distinguere fra i contratti di concessione in corso e quelli stipulati successivamente all’entrata in vigore degli aumenti. L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha cominciato recentemente a esigere le somme non dovute e il primo dei 25 porti in contenzioso si è già visto bloccare i conti correnti. In Italia le infrastrutture della nautica da diporto sono state costruite interamente con capitali privati e, a conclusione dei contratti di concessione delle superfici libere, saranno gratuitamente devolute al patrimonio pubblico dello Stato".

"Tutto ciò - spiega Ucina - non rappresenta solo una indebita pretesa dello Stato, a ulteriore dimostrazione di una cultura anti impresa che si diffonde nel Paese, anche a livello di classe dirigente, ma il non aver affrontato il problema rappresenta anche una sottrazione ai danni per tutti i cittadini italiani. Operando in questo modo, infatti, il messaggio che arriva forte e chiaro a tutti gli investitori, nazionali ed esteri è evidente: l'Italia è un Paese dove non ci sono certezze e di cui non ci si può fidare".

"Il secondo messaggio di questa legge di bilancio, fortemente negativo - continua l'associazione di categoria - è quello per cui, ancora una volta, ottiene ascolto solo chi blocca servizi pubblici essenziali. E anche in questo è difficile cogliere grandi cambiamenti con il passato. In questo scenario, Ucina Confindustria Nautica conferma il suo impegno e la prosecuzione dell’azione di rappresentanza e di difesa di tutta la filiera della nautica da diporto italiana, per il necessario prosieguo di un confronto con le istituzioni su questo e sugli altri temi sensibili del settore", conclude l'Ucina.

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