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Mariupol, 77enne scappa a piedi dopo 2 mesi di assedio: "Ho conosciuto l'inferno"

11 maggio 2022 | 16.42
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Da Milano Nadiya racconta la fuga "tra mine, soldati e pile di cadaveri. Pensavo solo a salvarmi"

Mariupol, 77enne scappa a piedi dopo 2 mesi di assedio:

"Dove scappo? Qui è un inferno". Questo Nadiya Bezruchenko, ex ingegnere gestionale di Azovstal, ha risposto alla figlia Tetyana che da Milano le chiedeva di fuggire da Mariupol. Era il 5 marzo e in quell'"inferno" Nadiya, classe 1945, è rimasta un altro mese e mezzo, bloccata nel suo quartiere a est della città, chiuso a ovest dalle acciaierie in cui è ancora asserragliata la difesa ucraina. Quando il condominio è andato completamente a fuoco, il 20 aprile, la 77enne non ha potuto fare altro che scappare: prima a piedi, per due o tre chilometri, "tra pile di cadaveri ammassate a bordo strada, una marea di carri armati, palazzi minati e - racconta - soldati ceceni che spuntavano da ogni parte come scarafaggi"; poi con pullman scortati dall'esercito di Mosca, che attraverso due campi di filtrazione l'hanno portata fino a Taganrog, nella Federazione russa.

Da lì, grazie all'aiuto a distanza dei figli, ma soprattutto alla fortuna di avere ancora con sé la borsa con documenti e denaro, Nadiya è riuscita a raggiungere Mosca e a prendere un aereo, che dopo uno scalo a Dubai, l'ha portata a Milano. "Adesso si può anche sorridere", dice all'Adnkronos seduta nella cucina di sua figlia Tetyana, che in Italia abita da tanti anni. Ricordare il periodo dell'assedio, in cui l'anziana ha perso la sua casa "dentro a cui avevo messo tutta la mia vita", è doloroso, ma doveroso, perché - spiega - "dovete sapere la verità sui russi e quello che fanno. Hanno fatto un genocidio e lo chiamano 'operazione speciale'. Appena intercettano un segnale telefonico, bombardano, per colpire fino all'ultimo ucraino".

È quello che è successo a fine marzo: dal rifugio in cui si era riparata dopo che un missile, fortunatamente inesploso, era entrato in casa sua, Nadiya, insieme alle altre persone presenti, ha cercato di far sapere ai parenti lontani di essere viva. "Hanno percepito il segnale e il giorno dopo hanno bombardato il rifugio, distruggendolo", racconta l'anziana, che a quel punto è stata costretta a tornare in casa. Per quasi un mese ha vissuto nell'appartamento distrutto, senza luce, riscaldamento e acqua, dormendo in una nicchia del corridoio di un metro e mezzo, che l'avrebbe protetta in caso di crolli.

Addosso sempre lo stesso giubbotto, che lei chiama "la mia pelle di guerra". L'ha tolta nel centro di accoglienza a Taganrog, dove, dopo due mesi, ha potuto finalmente lavarsi e cambiarsi. "Avevo le mani così sporche - dice - che non sono riusciti a prendermi le impronte digitali". Infatti prima di ottenere dai russi degli abiti usati, i profughi ucraini devono passare per lunghe procedure di controllo. Chi nella fuga ha lasciato indietro documenti e soldi, rimane bloccato nella Federazione russa. È quello che è successo alla compagna di viaggio di Nadiya, una vicina di casa di 83 anni.

Nel grande condominio in cui vivevano, ad aprile erano rimasti in pochi, quasi tutti anziani. Ad assisterli due "giovanotti" - li definisce la 77enne - di 56 e 60 anni. Una dopo l'altra, tutte le sei scale del complesso sono state bombardate e hanno preso fuoco. "Poi sono arrivati i ceceni a fare la 'pulizia finale' di ciò che era rimasto. Dopo averci chiesto i documenti, aver denudato i due uomini e picchiato uno di loro, ci hanno detto 'ora potete andare'".

A quel punto non era rimasto altro da fare che fuggire a piedi, per chi era ancora in grado di farlo. "Mentre scappavamo, c'era un signore senza una gamba, che cercava di muoversi strisciano. Una donna, forse una conoscente o una vicina, cercava di aiutarlo, ma lui era troppo pesante per lei. Un uomo più avanti si è girato e le ha detto 'se vuoi salvarti, lascialo e vieni via", racconta Nadiya, osservando: "La guerra è fatta anche di questo tipo di decisioni, devi tirare fuori il carattere e pensare solo a te stesso. Io andavo avanti senza meta, il mio unico obiettivo era sopravvivere". E adesso che ci è riuscita, è sicura che per lei "non ci sarà un altro inferno, quello che esiste, l'ho già vissuto. Nessuno avrebbe mai creduto che un uomo potesse arrivare a tanto, che potesse fare a un altro uomo una cosa simile, soprattutto a un suo vicino. Solo adesso ho capito come funzionava la propaganda dell'Urss: ci voleva questa guerra per farmi capire cosa sia 'l'amicizia tra popoli sovietici'".

(di Alice Bellincioni)

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