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Ucraina, italiani in Crimea: "Preoccupati ma non andiamo via"

16 agosto 2022 | 15.10
LETTURA: 2 minuti

"Non è una guerra tra un angelo e un demonio"

Ucraina, italiani in Crimea:

"Certo che siamo preoccupati, non solo noi italiani, e tutti vogliamo la pace". Lo affermano all'Adnkronos fonti italiane in Crimea, dove stamane un'esplosione ha interessato un deposito di munizioni all'interno di una base militare russa. Le autorità di Kiev non hanno né smentito né confermato l'attacco nella penisola dal 2014 annessa alla Russia.

"Tutti gli italiani sono lontani dal luogo dove è avvenuta l'esplosione", assicurano le fonti, secondo cui oggi nella penisola vivono "non più di 300 persone di origine italiana, ma anche alcuni cittadini italiani con le loro famiglie" e tutti loro "a quanto sappiamo non pensano di lasciare la Crimea" malgrado il rischio di un'escalation.

Ma la Crimea oggi è un luogo sicuro? "C'è un posto che può dirsi sicuro nel mondo? Non credo - replicano le fonti - C'è ad esempio il rischio terrorismo. Di recente all'asilo frequentato dalla mia nipotina c'è stato un allarme bomba, ma questo succede anche in altri Stati. Siamo abituati a vivere in una situazione non molto tranquilla".

Secondo le fonti, la soluzione per la crisi passa dai colloqui di pace. "L'Ucraina dovrebbe prima di tutto smettere di bombardare i civili ed i bambini ed accettare di negoziare. Questa non è una guerra tra un angelo e un demonio", dichiarano, accusando l'Europa e l'Italia di "mandare armi invece che costruire rifugi per i civili nel Donbass e spedire aiuti umanitari come acqua potabile e pannolini".

Le forze armate di Kiev, proseguono le fonti riferendosi sempre alla situazione nella regione dell'Ucraina orientale, "per otto anni hanno sparato contro i loro connazionali, bombardando il Donbass e non mantenendo gli accordi stipulati. Molte persone sono morte e tanti italiani che abitavano a Mariuol se ne sono dovuti andare via. Quello che si vede in Italia ed in Europa non è tutta la verità".

Le fonti ritengono il referendum uno strumento opportuno per decidere le sorti del Donbass. "Come è accaduto in Crimea - spiegano - si è votato in un referendum onesto e legittimo, monitorato da osservatori anche italiani. Bisogna fare trattative e stipulare un accordo, prendendo in considerazione la volontà degli abitanti".

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