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Ue, avv. Verni (Difesa Online): "Anni per adesione Ucraina, potrebbe invocare clausole solidarietà"

24 agosto 2022 | 17.32
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‘Non significa per forza un coinvolgimento militare diretto ma neppure può escludersi a priori’

(Ucraina - Afp)
(Ucraina - Afp)

Per l’adesione dell’Ucraina alla Ue potrebbero essere necessari "molti anni" e riguardo al tema della difesa un eventuale ingresso "dal punto di vista geo-politico significherebbe un avanzamento dei confini dell’Unione europea a ridosso della Russia, perdendo l'Ucraina, per certi versi, la sua funzione di ‘stato-cuscinetto’. Dal punto di vista normativo, invece, ciò potrebbe comportare l’attivazione delle clausole di solidarietà e mutua assistenza previste nei Trattati europei e, in particolare, di quella sancita dall'articolo 42 di quello istitutivo della stessa Unione Europea". Lo afferma all’Adnkronos l’avvocato Marco Valerio Verni, responsabile Area Diritto di ‘Difesa Online’. 

"Tale clausola sancisce che qualora un paese della stessa Unione subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri paesi membri siano tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite – spiega - In altre parole, non potrebbe escludersi che, una volta divenuta, l’Ucraina, membro dell’Unione, e perdurando l’attuale guerra, essa non possa invocare tale clausola che, a quel punto, porrebbe gli altri Stati di fronte ad un obbligo di intervento ‘ad adiuvandum’. Il che non vorrebbe dire, per forza, un coinvolgimento militare diretto, anche in considerazione dell’esistenza e delle prerogative, in tal senso, della Nato, ma non lo potrebbe neanche escludere con certezza ed ‘a priori’". 

"Certo è che – prosegue l’avvocato - quando tale clausola è stata invocata, per la prima volta, nel 2015, dal presidente Hollande, all’indomani dei sanguinosi attacchi terroristici del 13 novembre di quell’anno, subiti dalla Francia sul suo territorio ed equiparati, a tutti gli effetti, dallo stesso presidente transalpino, a degli atti di guerra, non vi fu un aiuto militare diretto ma degli accordi bilaterali di aiuto e supporto di vario tipo con diversi Paesi dell’Unione". "Ma, ripeto, come la soluzione militare non sia l’unica e certa, in tal contesto, è altrettanto vero che non si possa neanche escludere ‘a priori – sottolinea - E, comunque, dei problemi ci sarebbero". 

"Il discorso, qui, si potrebbe allargare all’annosa questione, poi, della effettiva creazione di un ‘esercito europeo’, nell’ottica della difesa e sicurezza comune: in tal senso, potrebbe costituire un passo in avanti la ‘bussola strategica’ che, approvata dal Consiglio a marzo scorso, proprio a seguito del conflitto russo-ucraino, dovrebbe fornire all'Unione europea un ambizioso piano d'azione per rafforzare la propria politica di sicurezza e di difesa entro il 2030", prosegue Verni.  

Riguardo ai tempi previsti e alle probabilità di una reale adesione dell'Ucraina all'Ue, il responsabile Area Diritto di ‘Difesa Online’ sottolinea: "Nel caso dell’Ucraina, non esiste affatto una ‘procedura accelerata’ per l'adesione all'Ue e lo status di Paese candidato non conferisce ad essa, come a chiunque altro nel suo stato, il diritto all’adesione automatica, per il cui perfezionamento occorre, invece, completare un processo strutturato e basato sul merito, che richiede il soddisfacimento di criteri ben definiti, tra cui il rispetto della dignità umana e quello dei principi di libertà e di democrazia, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché del cosiddetto Stato di diritto, oltre che una serie di condizioni economiche e politiche conosciute come ‘criteri di Copenaghen’ (tra i quali la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto delle minoranze e la loro tutela e l’esistenza di un’economia di mercato funzionante e la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all’interno della stessa Ue). Ci possono volere molti anni, insomma". 

"E, in tal senso, gli esempi non mancano, se solo si pensi alla Croazia (cui è occorso un intero decennio per completare l’iter) o alla famigerata Turchia, che figura come Paese candidato dal 1999, o, ancora, alla Macedonia del Nord (che ha ottenuto lo status di candidata nel 2005), al Montenegro (2010), alla Serbia (2012) e all’Albania (2014) – conclude l’avvocato - Insomma, occorrerà aspettare l’evolversi degli eventi e, con essi, delle valutazioni, anche politiche al riguardo che, come abbiamo visto, coinvolgono numerosi aspetti complessi e non certo di facile e veloce evoluzione".   

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