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Ue, obiettivo Italia resta Gentiloni ad Affari Economici

06 settembre 2019 | 12.27
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Faccia a faccia tra l'ex presidente del Consiglio e Ursula von der Leyen. Financial Times: ipotesi Concorrenza

(Fotogramma/Ipa)
(Fotogramma/Ipa)

Il portafoglio degli Affari Economici, a quanto si apprende, resta l'ambizione dell'Italia per la prossima Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen, in cui Roma schiererà l'ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che stamani ha incontrato l'ex ministra della Difesa tedesca in un faccia a faccia di un'ora a palazzo Charlemagne, nel Quartiere Europeo di Bruxelles. Se questo obiettivo si concretizzerà o meno, lo si vedrà di qui a martedì prossimo, quando von der Leyen presenterà la squadra dei commissari.

Intanto per il Commercio, uno dei portafogli economici 'pesanti' che all'Italia potrebbero interessare (siamo un Paese esportatore, come la Germania), l'irlandese Phil Hogan, attuale commissario all'Agricoltura, è uno dei candidati, anche in vista della Brexit e dei negoziati con il Regno Unito sulla relazione futura con l'Ue. Invece per la Concorrenza, altra delega economica 'pesante' in teoria appetibile per Roma, sarebbe in corsa anche la francese Sylvie Goulard, indicata anche per l'Industria o per il settore Difesa, che con la Pesco diventa importante anche a livello comunitario, oltre a Margrethe Vestager, che però ha gestito il portafoglio, importantissimo, già per cinque anni. 

Gli Affari Economici, oggi appannaggio del socialista francese Pierre Moscovici, potrebbero essere affidati a Gentiloni, secondo indiscrezioni che circolano da ieri. Di sicuro questa è l'ambizione italiana e si tratterebbe di una mossa molto audace. Certo, per un Paese dal debito pubblico elevato come l'Italia gli Affari Economici potrebbero essere un'arma a doppio taglio. E un italiano, per quanto di altissimo profilo, in quell'incarico potrebbe risultare in teoria sgradito ai Paesi nordeuropei 'rigoristi', visto anche l'affollamento di sudeuropei nei posti chiave, a partire dal portoghese Mario Centeno all'Eurogruppo.

Proprio dal fronte del rigore, però, si registrano, dietro garanzia di anonimato, aperture inaspettate. "Se la presidente Von der Leyen - spiega all'Adnkronos una fonte diplomatica nordeuropea - ritiene che Paolo Gentiloni sia la persona più adatta a fare raccomandazioni sui bilanci, incluso quello dell'Italia, non abbiamo alcun motivo di bloccarla". "Abbiamo grande fiducia nella Commissione come guardiano dei trattati - prosegue la fonte - e, con le qualità di Gentiloni, non abbiamo alcun motivo di ritenere" che questo ruolo "possa cambiare".

L'ex presidente del Consiglio, sottolinea, "ha sempre dimostrato di essere un politico competente e abile, al massimo livello". Merce rara, insomma: "Non ce n'è mai grande disponibilità a Bruxelles", sospira la fonte. Tuttavia, ammesso che questa possibilità si concretizzi, la strada sarebbe irta di ostacoli: "Per lui - rimarca la fonte - non rischierebbe di rivelarsi un calice avvelenato, essere quello che deve dire all'Italia di mettersi in riga?". Il punto, in realtà, sono le regole dell'Ue sui bilanci pubblici e lì la partita rischia di farsi complicata.

Anche se da più parti si levano voci che ne chiedono la revisione (recentemente lo hanno fatto persino i servizi della Commissione e la candidata alla presidenza della Bce Christine Lagarde), cambiarle non è una passeggiata, come sa chi, come l'ex ministro Pier Carlo Padoan e anche il suo successore Giovanni Tria, si è battuto per modificare le modalità con cui viene calcolato l'output gap, un indicatore chiave per la valutazione dei bilanci nazionali dei Paesi membri.

Il fatto è che ogni leader politico viene eletto nel proprio Paese e, quindi, deve sempre avere in mente il livello nazionale, anche quando fa politica in Ue: "In Germania - ha osservato l'economista Alberto Bagnai, della Lega, presidente della Commissione Finanze del Senato - il livello nazionale è difficile da gestire, perché è stata costruita una narrazione tale per cui la colpa è nostra, di noi popoli del Sud", speculare e contraria a quella prevalente in Italia, e non solo, che vede i tedeschi come fanatici del rigore ad ogni costo.

Quindi, osservava ancora Bagnai, "qualsiasi politico tedesco" che voglia ricondurre il dibattito su un piano più razionale "trova come ostacolo i propri elettori, perché gli avversari politici diranno: 'Questi vogliono mettere in pericolo il nostro stile di vita, facendo un favore a quelli che sono la causa della crisi, perché sono le cicale e noi siamo le formiche'". Bisognerà vedere se Ursula von der Leyen, con Angela Merkel (e altri politici dei Paesi cosiddetti rigoristi), riuscirà a superare questo vincolo politico oggettivo, specie oggi che la destra di AfD, tutt'altro che incline a fare sconti all'Italia, è in crescita.

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