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Un maxi sequestro della Dia di Palermo per 250 mln contro il clan Galatolo

20 febbraio 2014 | 11.11
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Un maxi sequestro della Dia di Palermo per 250 mln contro il clan Galatolo

Nelle prime ore di questa mattina gli operatori della Direzione Investigativa Antimafia di Palermo hanno concluso una imponente operazione di sequestro, in esecuzione di un Decreto emesso dalla Sezione MP del Tribunale di Palermo, su proposta del Direttore della Dia Arturo De Felice, che ha interessato immobili, aziende e numerosi rapporti finanziari per un valore di circa 250 milioni di euro. Lo riferisce una nota della Dia che aggiunge come "la complessa operazione ha portato alla luce le rilevanti attività economiche dell'organizzazione mafiosa facente capo al clan dei Galatolo, legate al locale mercato ortofrutticolo ed al suo indotto".

Gli investigatori della Dia palermitana sono riusciti a raccogliere una serie di elementi che hanno fatto emergere come 'cosa nostra' si sia infiltrata nelle attività del locale Mercato, sia direttamente sia a mezzo di prestanome, considerata l'influenza esercitata all'interno di esso dalla famiglia mafiosa dell'Acquasanta, facente capo al noto clan dei Galatolo. Lo riferisce una nota della Dia di Palermo.

Il sequestro ha colpito le attività economiche riconducibili, direttamente ed indirettamente, a Angelo e Giuseppe Ingrassia, Pietro La fata, Carmelo e Giuseppe Vallecchia, tutti palermitani, ritenuti vicini e contigui a 'cosa nostra, in particolare alla famiglia mafiosa dei Galatolo. I cinque, "titolari di vari stand all'interno del mercato ortofrutticolo -spiega la Dia- profondi conoscitori del metodo di funzionamento dello stesso, monopolizzavano l'attività del mercato palermitano anche attraverso l'utilizzo dei servizi forniti dalla Cooperativa 'Carovana Santa Rosalia' (compravendita di merce, facchinaggio, parcheggio, trasporto e vendita di cassette di legno e materiale di imballaggio)".

Le dichiarazioni rese da numerosi collaboratori di giustizia, hanno evidenziato il totale controllo da parte di 'cosa nostra' di un importante settore economico locale, provocando da un lato una grave distorsione del mercato ed eliminando, di fatto, qualsiasi forma di concorrenza con la conseguente imposizione dei prezzi, garantendo all'organizzazione criminale, la possibilità di conseguire ingenti guadagni attraverso attività solo apparentemente lecite.

La forza intimidatrice esercitata da 'cosa nostra', rileva la nota della Dia, si manifestava attraverso l'imposizione dei prezzi e delle forniture. L'inquinamento del tessuto economico, avvenuto mediante l'immissione di denaro di sicura provenienza illecita, non si è limitato all'acquisizione di attività commerciali lecite, ma ha occupato interi settori del terziario, strettamente legati alle attività di vendita dei prodotti ortofrutticoli all'interno del locale Mercato.

Tutto ciò ha provocato una grave e profonda alterazione di tale tessuto economico che, privo delle regole proprie di un libero mercato, risulta fortemente condizionato da 'cosa nostra'. Ai riscontri sulle convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, la complessa attività svolta dalla Dia ha fatto anche emergere una totale sperequazione tra i redditi dichiarati dai soggetti ed i beni posseduti dagli stessi.

Ulteriori elementi, che hanno rafforzato l'ipotesi investigativa circa l'infiltrazione mafiosa nell'ambito del locale mercato ortofrutticolo, si traggono dalle Ordinanze applicative di misura cautelare emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Napoli, dove viene contestato agli indagati (tra i quali si annovera anche Gaetano Riina , fratello del noto capo mafia Salvatore Riina ) tra l'altro, di controllare il trasporto su gomma da e per i mercati ortofrutticoli di Fondi, Aversa, Parete, Trentola Ducenta e Giugliano e da questi verso quelli del Sud Italia, interessando, in particolare, i mercati siciliani di Palermo, Catania, Vittoria, Gela e Marsala .

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