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Smog: un software made in Italy contro l'inquinamento 'sahariano'

05 agosto 2015 | 15.13
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(Infophoto)
(Infophoto)

Un software per calcolare il carico di Pm10 di origine sahariana. A svilupparlo è stato l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche nell'ambito di 'Diapason', un progetto coordinato dall'Isac-Cnr e finanziato dal programma europeo Life+ 2010, che ha l'obiettivo di identificare le polveri di origine 'naturale' per defalcarle dal computo annuo del Pm10 e ottenere così un risparmio di denaro pubblico sulle sanzioni comminate per il superamento dei limiti.

L'Europa, infatti, è regolarmente raggiunta da aria proveniente dal Sahara che porta con sé le frazioni più fini delle sabbie desertiche e l'Italia si trova al centro di queste correnti, con ondate di calore e le note ricadute di 'piogge rosse' che spesso concorrono al superamento dei limiti di legge sanzionati dall'Europa per il Pm10, cioè l'insieme di polveri inquinanti di diametro inferiore a 10 µm (micrometri), quindi facilmente inalabili.

"Abbiamo sviluppato un innovativo sistema semi-automatico per raccogliere, organizzare e memorizzare le informazioni necessarie per l'identificazione delle polveri di origine sahariana", spiega Gian Paolo Gobbi dell'Isac-Cnr. "In particolare, il software analizza le informazioni raccolte, crea un database degli eventi sahariani e quantifica i loro effetti sui livelli di Pm10. Il sistema è distribuito gratuitamente alle agenzie per la qualità dell'aria", continua.

"È scientificamente dimostrato che l'inalazione di queste particelle è associata a un aumento della mortalità e a effetti negativi sulla salute: recenti studi su Roma hanno evidenziato un legame tra gli aumenti di Pm10 dovuti agli eventi sahariani e ospedalizzazioni per problemi respiratori e cerebrovascolari", ricorda ancora il ricercatore. "Sempre agli aumenti del Pm10 durante gli eventi sahariani sono stati associati incrementi nella mortalità per problemi respiratori e cardiaci", aggiunge.

Gli studiosi inoltre, in collaborazione con alcune aziende europee, hanno sviluppato sistemi laser-radar automatizzati in grado di sondare l'atmosfera fino a 10 km di altezza e riconoscere la presenza di nubi di polveri minerali. "Tuttavia, lavare le strade prima delle ore di punta durante e dopo gli eventi sahariani e chiudere il traffico prima del superamento dei parametri di legge, sulla base di previsioni modellistiche, e non a sforamento avvenuto, rimangono le più semplici ed efficaci forme di prevenzione", sottolinea Gobbi.

A livello nazionale si evidenzia come la concentrazione di Pm10 associata a tali eventi sia maggiore nelle vicinanze delle grandi arterie stradali, in particolare quelle del Nord, sempre a causa della risospensione delle polveri da parte del traffico.

"Uno studio che abbiamo effettuato nel Lazio quale regione 'dimostrativa' utilizzando Diapason ha mostrato che nel 2004-2014 il carico medio di Pm10 è diminuito da 48 a 26 µg/m3 (microgrammi per metri cubi, ndr), in funzione sia di variazioni meteo sia della crisi economica, che ha comportato un minore utilizzo delle automobili. Nel medesimo decennio il carico annuo di polveri di origine sahariana è sceso da 1.9 a 1.6 µg/m3 nelle aree rurali e da 2.3 a 1.1 µg/m3 nell'area urbana di Roma: riduzioni che hanno portato ad una diminuzione del 60-70% dei superamenti della soglia sanzionabile di 50 µg/m3", conclude il ricercatore.

Il problema non è però risolto. "Per il 2020 le concentrazioni di Pm10 sono previste in risalita di circa il 15%. E, ad oggi, 12 delle 37 stazioni di misurazione dell'inquinamento dell'aria laziale registrano più dei 35 superamenti annui fissati dall'Ue come limite, mentre 10 stazioni, di cui 5 a Roma, presentano più di 40 superamenti per anno".

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