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Pesca: Unioncamere-Mipaaf, programma per qualità e consumo responsabile

22 novembre 2016 | 15.41
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Molluschicoltura principale produzione ittica italiana. (video)

Un momento della presentazione del programma sn-ds  Giuseppe Tripoli Riccardo Rigillo e Roberto Capone
Un momento della presentazione del programma sn-ds Giuseppe Tripoli Riccardo Rigillo e Roberto Capone

Pescare, allevare rispettare. Questi i punti cardine del programma per promuovere la qualità e il consumo responsabile di prodotti della filiera ittica presentato oggi a Roma, da Riccardo Rigillo, direttore generale della DG pesca marittima e dell’acquacoltura del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, Giuseppe Tripoli, segretario generale dell’Unioncamere e Roberto Capone, dell’Istituto Agronomico di Bari, sede italiana del Ciheam. (video)

Per gli italiani, con il pesce, alimento cardine della dieta mediterranea, non si scherza: 8 su 10 vogliono essere informati e garantiti della sua qualità e sono disposti a pagare anche qualcosa in più per essere certi che il prodotto è stato pescato o allevato nel rispetto dell’ambiente. E’ quanto svela un sondaggio promosso da Unioncamere ad ottobre scorso su un campione di consumatori rappresentativo della popolazione totale.

E proprio per rispondere a questa domanda di qualità e di tutela dell’ambiente, la Direzione generale pesca marittima e dell’acquacoltura del Ministero delle politiche agricole e Unioncamere hanno promosso la realizzazione di un programma che coinvolgerà le grandi categorie di soggetti della filiera ittica, dalla produzione al consumo. (Mollischicoltura principale produzione ittica italiana)

Il programma si articolerà su tutto il territorio nazionale e si svilupperà per i 7 anni della nuova programmazione del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. Tre i filoni di questa iniziativa: la qualificazione delle imprese e dei prodotti dell’acquacoltura con un Sistema di qualità nazionale per l’acquacoltura e l’adozione di un codice etico focalizzato sulla sostenibilità ambientale e sociale per la piccola pesca artigianale costiera. Questi strumenti saranno diffusi e messi a disposizione di tutte le imprese italiane del settore.

Poi: la commercializzazione dei prodotti, per innestare il tema della qualità nei rapporti presso i mercati all’ingrosso e la vendita al dettaglio, nonché nella ristorazione, alla quale verrà proposto di adottare un decalogo che aumenta la trasparenza verso i clienti; l’informazione e la sensibilizzazione ai consumatori attraverso campagne sui media e alle giovani generazioni (i cosiddetti 'piccoli consumatori') con iniziative di educazione alimentare attraverso le scuole primarie e secondarie di I grado, per richiamare ad un consumo responsabile delle risorse ittiche oltre che per favorire l’acquisto dei prodotti di qualità.

“I risultati del sondaggio confermano -ha dichiarato Riccardo Rigillo, direttore generale della DG pesca marittima e dell’acquacoltura del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali- le carenze informative da colmare che abbiamo indicato nel nuovo Programma Operativo del Feamp".

"E' un tema -ha chiarito- che deve essere affrontato da diverse angolazioni e non può prescindere dal sensibilizzare gli operatori della filiera fino al consumatore finale. Proprio dalla collaborazione con il sistema camerale, che istituzionalmente ha contatti quotidiani con le imprese, ci aspettiamo di stimolare comportamenti responsabili delle stesse e di rendere più consapevoli i consumatori sui prodotti disponibili e sulla necessità di dare un futuro non solo alla disponibilità dei prodotti stessi ma anche a chi lavora nella pesca”.

“Per il sistema economico -ha dichiarato Giuseppe Tripoli, segretario generale dell’Unioncamere- è fondamentale un clima di fiducia tra chi produce e chi consuma. La competitività delle imprese si gioca anche sui fattori di distinzione, cioè quegli aspetti che fanno capire al mercato quanto una impresa e i suoi prodotti corrispondano alla qualità attesa dal mercato stesso. Questo programma in collaborazione con la Direzione della pesca marittima e dell’acquacoltura vuole proprio mettere insieme questi due aspetti, da un lato la qualificazione delle imprese della filiera, dall’altro lo stimolo alla domanda di prodotti di qualità”.

Roberto Capone, dell’Istituto Agronomico di Bari, sede italiana del Ciheam, ha sottolineato che “il Ciheam Bari metterà a disposizione le proprie competenze ed esperienze scientifiche nella realizzazione delle attività previste dal programma di Ricerca e Sviluppo che ha come obiettivo generale la valorizzazione e la qualificazione dei prodotti dell’acquacoltura e della pesca artigianale italiana per favorire la loro commercializzazione”.

I temi di grande rilevanza del progetto si intrecciano con i principi della dieta mediterranea che dà grande rilievo al consumo di pesce, olio, verdure e cereali. La filiera ittica diventa però prioritaria se si considera che le risorse disponibili nei mari e nelle acque interne non sono infinite ed anzi alcune specie sono a rischio estinzione: occorre trovare un equilibrato rapporto e sinergia tra pesca e acquacoltura per rispondere alla domanda alimentare.

L’allevamento di pesci, molluschi e crostacei a fini alimentari ha superato, a livello mondiale, la pesca tradizionale. Entro il 2030 (dati Fao) l’acquacoltura raggiungerà i due terzi della produzione complessiva. Nell’ultimo Rapporto Biennale su Pesca e Acquacoltura pubblicato lo scorso 7 luglio, la Fao afferma pure che il consumo procapite di pesce ha superato per la prima volta i 20 kg l’anno. E sempre per la prima volta la quantità di pesce prelevato in natura è stata inferiore a quello allevato.

L'Unione europea spinge molto sull'acquacoltura e dato che solo un terzo del pesce che arriva sulle nostre tavole è di provenienza italiana (fonte Ismea), l’acquacoltura rappresenta un settore con grandi potenzialità di sviluppo per il nostro Paese.

Su questo aspetto l'Italia ha preso degli impegni di fronte alla Ue e deve applicare le norme previste dalla politica comune della pesca (PCP), riducendo la pressione sugli stock ittici che proprio nel Mediterraneo sono sovrasfruttati. La qualificazione del settore va in questa direzione. Qualificare il prodotto significa garantirne i metodi di produzione contrastando la pesca eccessiva, la pesca distruttiva e la pesca illegale, che provocano un danno agli stessi pescatori oltre che all’ambiente marino: senza pesci non solo non c'è più pesca ma anche le comunità che dipendono dalla salute del mare sono a rischio.

E il sondaggio realizzato da Unioncamere fotografa la situazione di partenza confermando la necessità di queste azioni di qualificazione e informazione. L’82% degli italiani ritiene molto importante che i prodotti ittici freschi, molluschi, crostacei e pesci di acqua salata e dolce, siano certificati nella qualità dal Mipaaf. Il 30% non comprende le informazioni dell’etichetta sui prodotti e a volte non la trova. Il 60% ritiene molto importante che nei menù dei ristoranti sia specificato se i prodotti ittici utilizzati provengono da allevamenti o da catture.

Il 76% sarebbe disponibile a pagare in più per l'acquisto di pesci pescati o allevati nel rispetto dell'ambiente. Nella dieta degli italiani il pesce è presente almeno una volta a settimana (36% degli intervistati) e per il 12% anche due volte a settimana. Sono solo il 26% a consumarlo solo ogni due settimane e il restante 26% una volta al mese o meno. Il 67% degli italiani preferisce acquistare pesce fresco. Il 42% in pescheria, il 36% al supermercato, il 18% al mercato rionale e solo il 4% direttamente dal pescatore.

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