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Usa, Bannon parlò con Trump il 5 gennaio e poi disse: "Domani si scatenerà l'inferno"

13 luglio 2022 | 12.02
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Nella nuova audizione pubblica della commissione che indaga sull'assalto al Congresso rivelate le due conversazioni avute con l'allora presidente dal guru dell'estrema destra americana che da lunedì è a processo per essersi rifiutato finora di testimoniare

Usa, Bannon parlò con Trump il 5 gennaio e poi disse:

Stephen Bannon ebbe una conversazione di 11 minuti con Donald Trump il 5 gennaio 2020 e subito dopo nel suo show radiofonico predisse: "domani si scatenerà l'inferno". E' quanto è stato rivelato nella nuova audizione pubblica della commissione che sta indagando sull'assalto al Congresso, durante la quale è stato rivelato che l'allora presidente quel giorno parlò almeno due volte - stando ai registri della Casa Bianca - con il suo ex stratega e guru dell'estrema destra americana.

"L'inferno si scatenerà domani - disse Bannon nel suo show, in una registrazione che è stata trasmessa durante l'audizione al Congresso - tutto sta convergendo e noi siamo, come si dice, ad un punto di attacco. E vi dico questo: non succederà come voi pensate che possa succedere. Sarà straordinariamente differente - ha poi predetto - e tutto quello che posso dirvi, allacciate le cinture".

La rivelazione arriva a pochi giorni dall'inizio del processo, fissato per il 18 luglio, per oltraggio al Congresso contro Bannon per essersi rifiutato di rispettare il mandato di comparizione per testimoniare di fronte alla commissione.

Nei giorni scorsi, però, ha scritto alla commissione dicendosi pronto a negoziare una sua testimonianza, preferibilmente in un'audizione pubblica, con la 'benedizione' di Trump che si è detto disposto a rinunciare alla rivendicazione del privilegio esecutivo. Lunedì comunque un giudice federale ha negato la richiesta di rinvio presentata dai legali di Bannon, confermando che il processo inizierà lunedì.

La disponibilità di Bannon a testimoniare è stata interpretata da alcuni come una mossa per ottenere il rinvio dell'inizio del processo, per il quale potrebbe essere condannato a multe e pene detentive. Ma è stata anche inserita nella 'svolta' che si è registrata nel team di Trump dopo la testimonianza esplosiva dell'ex collaboratrice di Trump Cassidy Hutchinson, che ha detto che Trump sapeva che il presidente voleva andare al Congresso durante la rivolta dei suoi sostenitori.

Molti che finora si sono rifiutati di testimoniare hanno accettato di presentarsi di fronte alla commissione, come è successo nei giorni scorsi con l'ex consigliere legale della Casa Bianca, Pat Cipollone.

Durante l'audizione di ieri, Liz Cheney ha denunciato che "dopo la nostra ultima audizione, il presidente Trump ha cercato di chiamare un testimone della nostra inchiesta". La repubblicana, ormai ai ferri corti con il partito per le sue posizione anti-Trump, non ha rivelato di chi si tratta, ma ha indicato che si tratta "di un testimone che non avete ancora visto nelle nostre udienze".

Il testimone in questione "non ha risposto alla telefonata di Trump ed ha invece chiamato i suoi legali che ci hanno avvisato per informare il dipartimento di Giustizia", ha concluso Cheney affermando che la commissione considera "molto grave ogni tentativo di influenzare i testimoni".

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