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Usa: costrinse nipotina a correre fino a collasso, nonna condannata per omicidio

21 marzo 2015 | 17.08
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Ora la giuria dell'Alabama dovrà decidere se condannare Joyce Hardin Garrard alla pena di morte o all'ergastolo. La donna aveva fatto correre per tre ore la bambina di 9 anni per punirla per una bugia e non l'aveva fatta fermare neanche quando aveva cominciato a sentirsi male e a vomitare.

Fermo immagine  dal canale Wvtm
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E' stata dichiarata colpevole di omicidio Joyce Hardin Garrard la donna che nel 2012 fece correre fino al collasso la nipotina di 9 anni per 'punirla' per aver mangiato di nascosto della cioccolata. Ora la giuria dell'Alabama che, dopo 3 ore e mezzo di deliberazione, la notte scorsa ha emesso il verdetto di colpevolezza dovrà decidere se condannare la 49nne a morte o all'ergastolo senza possibilità di libertà condizionata. Ma, secondo la legge dell'Alabama, la decisione ultima sull'eventuale condanna a morte spetta al giudice che presiede la corte.

La giuria ha quindi accolto la tesi dei procuratori che hanno descritto nel processo la donna come una torturatrice che fece correre e raccogliere legna alla nipote Savannah per tre ore nel giardino di casa, non permettendole di fermarsi neanche quando cominciò a sentirsi male e a vomitare. Alla fine la bimba ebbe un collasso e poi è morta tre giorni dopo in ospedale.

La donna, che quando chiamò l'ambulanza disse che la bambina si era sentita male all'improvviso e aveva cominciato ad avere le convulsioni, ha contestato queste accuse, ammettendo solo di aver fatto raccogliere la legna per punizione alla nipotina che aveva corso nel giardino ma per allenarsi per una gara a scuola. Ma a confutare la sua versione, i procuratori hanno presentato un video di una telecamera di sicurezza di un pulmino scolastico che mostra la nonna che dice che avrebbe fatto correre la bambina per darle una lezione. "La piccola è stata torturata", ha detto la pubblica accusa.

Insieme a Garrard tre anni fa è stata anche arrestata Jessica Mae Hardin, la seconda moglie del padre della piccola che era all'estero per lavoro al momento della morte di Savannah. La donna è libera su cauzione in attesa di essere anche lei processata per non essere intervenuta in difesa della bambina.

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