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“Variante Omicron nata prima di Delta”, l’ipotesi dello scienziato

05 dicembre 2021 | 09.31
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Il professor Preiser; “Una forma iniziale della variante Omicron si è evoluta come forma separata del virus prima che emergessero le varianti Alfa e Delta”

Immagine di repertorio (Fotogramma)
Immagine di repertorio (Fotogramma)

La variante Omicron è nata prima della variante Delta e potrebbe essersi 'evoluta’ in un soggetto immunodepresso. Sono le ipotesi che illustra il professor Wolfgang Preiser della Stellenbosch University vicino Cape Town, in Sudafrica, dove la variante è stata individuata,

“Secondo le conoscenze attuali, una forma iniziale della variante Omicron si è evoluta come forma separata del virus prima che emergessero le varianti Alfa e Delta”, dice Preiser alla Dpa. Lo scienziato fa parte del gruppo di ricercatori che ha scoperto Omicron. L’ipotesi è che la variante si sia evoluta nell’arco di mesi senza suscitare particolare attenzione. “La domanda è: perché Omicron è rimasta nascosta così a lungo e solo ora sta correndo? Mancavano forse una o due mutazioni per consentirle di diffondersi rapidamente?”. Attualmente, i dati più vecchi fanno riferimento all’individuazione della variante nella prima metà di novembre. Le analisi e il sequenziamento hanno permesso di appurare che Omicron, individuata in Sudafrica e Botswana, ha un ampio numero di mutazioni, comprese quelle localizzate nella proteina Spike, il punto d’attacco che il virus utilizza nei confronti delle cellule umane.

Preisder ritiene che Omicron sia più contagiosa della variante Delta e non si sbilancia sulla possibilità di sintomi più lievi. Troppo presto, poi, anche per affermare che la nuova variante circoli più facilmente tra i bambini. “In Sudafrica si sono molti ricoveri tra i bambini, ma sono praticamente tutti non vaccinati”. Il ricercatore, come sottolinea la Dpa, prende in considerazione una serie di ipotesi legate all’origine di Omicron. La variante potrebbe essersi sviluppata in un paziente affetto da Hiv o da un’altra forma di immunodeficienza. In un soggetto con queste caratteristiche, il coronavirus potrebbe replicarsi nel corso dei mesi e modificarsi senza essere completamente eliminato dal sistema immunitario. “E un’ipotesi e non è dimostrata”, precisa Preiser. Le domande ancora senza risposta abbondano, compresa quella relativa all’efficacia dei vaccini. “In questo momento in Sudafrica ci sono molte infezioni tra i vaccinati, ma non è chiaro se questo sia legato alle caratteristiche specifiche della variante”. E’ plausibile, ad esempio, che in contagi tra gli operatori sanitari siano collegati al calo progressivo della protezione del vaccino, visto che si tratta di soggetti immunizzati all’inizio della campagna di vaccinazione.

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