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Vaticano, estorsione a Segreteria di Stato: indagati anche Crasso, Tirabassi e mons. Carlino

06 giugno 2020 | 14.28
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Tutto ruota intorno alla “stangata” alle casse pontificie che avrebbe consentito al broker molisano Gianluigi Torzi, secondo gli inquirenti dell’Ufficio del Promotore di Giustizia Gian Piero Milano e del suo aggiunto Alessandro Diddi, di estorcere 15 milioni di euro ai danni della Segreteria di Stato Vaticana.

In particolare, a quanto apprende l’Adnkronos, a Torzi viene contestato di aver messo "in atto artifizi e raggiri per ingannare la buona fede della Segreteria di Stato", facendo emettere a suo favore e trattenere mille azioni con diritto di voto della Gutt Sa che impedivano alla Santa Sede, nonostante fosse in possesso di 30.000 azioni senza diritto di voto della società che gestisce il palazzo, di disporre dell’immobile di Londra al centro dell'inchiesta. Tanto che, per completare l’acquisizione, il Vaticano si sarebbe trovato a dover cedere al’’’estorsione’” dell’imprenditore sborsando, "senza alcuna valida ragione giuridica ed economica", la somma di 15 milioni di euro.

Questi i fatti ricostruiti dagli inquirenti: il Vaticano, nel tentativo di contenere le perdite dell’investimento nel Fondo Athena che faceva capo a Raffaele Mincione (almeno 18 milioni di euro a settembre 2018), aveva deciso di risolvere i rapporti con quest’ultimo, operazione per la quale si era fatta assistere dall’allora avvocato dello studio Ernst & Young Manuele Intendente ("Intendente ha agito a titolo personale e non fa più parte della società", la precisazione di EY) che sarebbe stato presentato a Fabrizio Tirabassi, responsabile dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, dal rettore vicario dell’Università Guglielmo Marconi, Renato Giovannini.

La strategia di uscita dal fondo che faceva capo a Mincione sarebbe stata concordata, a quanto ricostruiscono i magistrati vaticani, in un’operazione che prevedeva da un lato che la Segreteria di Stato Vaticana rilevasse l’immobile di Londra e dall’altro che la stessa Segreteria versasse a Mincione 40 milioni di euro a titolo di conguaglio. Per ragioni che risultano ancora tutte da chiarire secondo la procura vaticana, però, la Segreteria di Stato, rappresentata da Tirabassi e da Enrico Crasso, gestore delle finanze della stessa attraverso Sogenel Capital Holding, avrebbe deciso di triangolare l’acquisizione dell’immobile di Londra attraverso la Gutt Sa di Torzi.

E’ a questo punto che per la procura vaticana si configura la truffa: Torzi infatti vende 30mila azioni della società al Vaticano al prezzo simbolico di un euro, ma solo, stando alle indagini, dopo aver modificato il capitale sociale (senza che la Segreteria di Stato ne sapesse nulla, a quanto risulta agli investigatori) introducendo accanto alle 30mila azioni senza diritto di voto 1.000 azioni con diritto di voto che trattiene per sé.

Quindi, sfruttando il diritto di voto che le azioni gli concedono, il broker, al termine di un’estenuante trattativa ricostruita nell'inchiesta, riesce a farsi corrispondere 15 milioni di euro, con un’operazione che vede, secondo le indagini, il versamento della somma in due tranche, una da 10 e una da 5 milioni, ad altre due società a lui riconducibili, la Sunset Enterprise Ltd e la Lighthouse Group Investments Unlimited, a fronte di fatture per prestazioni mai emesse.

La trattativa, sempre seguendo l'ipotesi investigativa, è lunga e drammatica: a novembre 2018 la Segreteria di Stato avrebbe dovuto già conseguire la piena disponibilità dell’immobile di Londra, e invece, a far data da dicembre 2018, però, a quanto risulta dalle indagini, si cominciano a registrare una serie di interlocuzioni con Torzi per cercare di indurlo a restituire le quote della catena di società che detiene il palazzo in Gb. Un’autentica "estorsione" nei confronti della segreteria di Stato, secondo gli investigatori, che infatti contestano questa ipotesi di reato all’imprenditore, in concorso con Crasso, Tirabassi, e monsignor Mauro Carlino, emissario della Segreteria di Stato nella trattativa.

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