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Venezia 2022, Alice Diop: "Racconto un infanticidio che è anche politico"

07 settembre 2022 | 17.04
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La regista di 'Saint -Omer', unica opera prima presente in concorso. "Ho voluto raccontare un processo che mi ha colpito moltissimo"

Venezia 2022, Alice Diop:

(Adnkronos/Cinematografo.it) - “Questa è una storia complessa di due donne di colore. Ho permesso loro di poter essere ascoltate in tutte le loro incertezze, insicurezze e timidezze. In un certo senso è anche qualcosa di molto politico”. A parlare è Alice Diop, regista dell’unica opera prima presente all’interno del concorso ufficiale di Venezia 79. S’intitola 'Saint-Omer', come il comune che ospita il tribunale dove si svolge il processo di Laurence Coly, interpretata dalla superlativa Guslagie Malanda, una donna accusata di aver ucciso la figlia di quindici mesi abbandonata all’arrivo dell’alta marea su una spiaggia nel nord della Francia. Ad assistere al processo, tra i tanti, anche una giovane scrittrice, interpretata dall’altrettanto brava Kayije Kagame.

“Nel giugno del 2016 ho assistito al processo di una donna senegalese che aveva ucciso la figlioletta abbandonandola su una spiaggia in Francia – racconta la regista -. Ho pensato che la donna avesse voluto offrire la figlia al mare, una madre ben più potente di quanto non potesse esserlo lei stessa. Ho voluto subito capire le ragioni oscure che mi facevano interessare a questa donna. Il suo processo mi ha colpito moltissimo. E mi ha anche colpito che vi erano quasi tutte donne: giornaliste, avvocatesse e così via. Ho visto nella sala quanto queste donne si stessero facendo trasportare dalle emozioni. Ognuna aveva la propria bolla di solitudine che viveva a modo suo”.

Scritto dalla stessa Alice Diop in collaborazione con la famosa autrice Marie Ndiaye (“lei ha partecipato al processo di appello e poi abbiamo messo insieme i nostri appunti”) e Amrita David, il film parte da questo processo che fece molto scalpore, un fatto di cronaca estremamente violento, e lo eleva a qualcosa di molto universale, nonché conduce lo spettatore verso una profonda riflessione sulla maternità.

“Mi sono ispirata a questa storia vera – prosegue la regista-. E poi spinta da un’immaginazione intrisa di figure mitologiche ho scritto questo film su una madre infanticida con lo scopo di scrivere una rivisitazione contemporanea del mito di Medea. Ho voluto girare questo film per sondare l’indicibile mistero dell’essere madre”.

Non a caso nel film si vedono anche delle scene di Medea di Pier Paolo Pasolini (1969). “Quando ho assistito al processo è successo qualcosa di strano – spiega Alice Diop -. Lei raccontava il suo atto nei minimi dettagli. Era un racconto molto letterario e mi sono chiesta se lo stava romanzando: parlava in modo lirico, non si sentiva quasi la violenza. La vera imputata aveva già fatto un suo storytelling. C’era qualcosa che mi sembrava familiare in questo suo modo di raccontare. Mi sembrava di aver già sentito questa storia da qualche parte e poi ho visto il film di Pasolini e là sono rimasta stupefatta. Mi sono chiesta se lei non avesse plagiato volontariamente questo passaggio del film. Alla fine ho deciso di collegare questa storia di cronaca a qualcosa di molto più epico e mitologico, a una storia antica. Inoltre Pasolini è uno dei cineasti che ha contribuito di più al mio divenire di regista quindi mi sembrava piuttosto naturale convocarlo”.

E Guslagie Malanda dice: “Ho cercato di lavorare su questo personaggio cercando di rendere domabile la sua complessità e al tempo stesso ho cercato di non lasciarmi troppo sopraffare da questo tragico caso di cronaca francese, con tutte le questioni problematiche e difficili che si porta dietro. La regista ha reso tangibile e intelligibile contemporaneamente questa complessità”.

Un film di volti, di ritratti e di volti ripresi in lunghi piani sequenza dove la parola assume un’enorme potenza. “Ho cercato di creare una trama che intensificasse la voglia di ascoltare – precisa la regista -. Volevo offrire a questa donna l’intensità di uno sguardo e fare in modo che lei fosse ascoltata e compresa. Penso che la messa in scena si basi molto su tutte le discussioni che hanno preceduto il film. La fissità dei lunghi piani sequenza ha offerto anche uno spazio di riflessione allo spettatore. Non c’è una verità assoluta, ma lo spettatore può rimbalzare le proprie certezze e attraversare le proprie emozioni. E soprattutto non avere un unico sguardo freddo verso l’assassino”. Il film uscirà a novembre nelle sale italiane distribuito da Minerva Pictures.

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