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Venezia, Pupi Avati: "Il mio Pozzetto drammatico e disperato vi stupirà"

09 settembre 2020 | 14.07
LETTURA: 3 minuti

di Antonella Nesi
“Ci sarà stupore sulla prestazione di Pozzetto. È un triplo salto mortale, perché lo abbiamo portato dal Polo Nord al Polo Sud: affronta un personaggio drammaticissimo, disperato”. Così Pupi Avati parla con l'Adnkronos - a margine della cerimonia del Premio Bresson, che gli è stato consegnato dall'Ente dello Spettacolo al Lido di Venezia - del suo nuovo film ‘Lei mi parla ancora’, liberamente tratto dall’omonimo libro di Giuseppe Sgarbi, padre di Elisabetta e Vittorio, che sta finendo di girare.

Il regista, che non è nuovo alla ‘conversione’ di attori comici in drammatici, aggiunge: “A Diego Abatantuono dopo ‘Regalo di Natale’ gli si è aperto un mondo. Spero di aver fatto qualcosa di simile con Renato. Credo di aver messo Pozzetto nelle condizioni di utilizzare una ‘cassetta degli attrezzi’ che non sapeva di possedere. Ha scoperto di avere un potenziale drammatico serio. Le persone anziane non fanno ridere e per questo i comici faticano a lavorare dopo una certa età, però se tu diventi un attore drammatico credibile, ti si aprono nuove porte”.

Questa settimana è l’ultima settimana di set. “Sabato – spiega il regista all’Adnkronos- finisco le riprese. Il film racconta di quest’uomo, Nino, interpretato da Pozzetto, che dopo 65 anni perde la donna della sua vita, Caterina, ed è solo e abbandonato nella sua villa. La figlia ha l’idea geniale di fargli raccontare la storia del rapporto con questa donna con l’aiuto di un ghostwriter, che è interpretato da Fabrizio Gifuni. Nel film ci sono tanti attori straordinari”.

Scritto dal regista insieme al figlio Tommaso, il film vanta infatti un cast importante: Renato Pozzetto nei panni di Nino e Stefania Sandrelli in quelli di Caterina, che si alterneranno con Isabella Ragonese e Lino Musella nelle parti dei due protagonisti negli anni più giovani. Accanto a loro Fabrizio Gifuni ma anche Chiara Caselli, Alessandro Haber, Serena Grandi, Gioele Dix, Nicola Nocella.

Avati torna a sollecitare dal Lido di Venezia una risposta dal Mibact al suo progetto di film su Dante Alighieri: “Per portare sul set il film su Dante manca che il Mibact si decida finalmente ad approvare questo progetto speciale, perché è un progetto istituzionale legato ai 700 dalla morte di Dante che cadono il prossimo anno”.

“Abbiamo tutto – dice il regista - Abbiamo già anche Sergio Castellitto che interpreterà Giovanni Boccaccio, cui spetterà di raccontare la storia. Abbiamo tutti i pezzi del grande puzzle produttivo e ci manca solo un tassello, che è quello del ministero. Spero che finalmente il Mibact si decida a sbloccarlo”, conclude il regista.

Il regista commenta con l’Adnkronos anche le sulle scarse presenze femminili al Festival della Bellezza, di cui è stato ospite nei giorni scorsi. “Purtroppo non dipende da me – dice - perché non sono io l’organizzatore. Io sono stato invitato a parlare del mio rapporto con la bellezza e sono andato. Ma non è che ho guardato il sesso dei partecipanti. Se hanno mancato su questo fronte, sarà una responsabilità loro, non certo mia. Io questo tipo di preoccupazione la trovo molto spesso un po’ pretestuosa, perché con tutti i problemi che abbiamo ci stiamo a preoccupare se ci sono più uomini o più donne ad un festival. Molto spesso i giornalisti non sanno di cosa parlare e allora emergono queste persone che si svegliano la mattina e decidono di polemizzare. Come i negazionisti. Io invece tendo a dare peso alle cose della vita che davvero hanno un senso”.

Del Premio Bresson che riceve oggi, il regista dice: “Mi sento lusingato e inadeguato. Bresson aveva un rapporto con la realtà che era fantastico perché diceva che faceva il cinema per mostrare quello che non si vede nel reale. Un progetto molto alto. Diceva della sua fede e dell’immortalità che voleva ostinatamente credere, faticosamente, con tanti momenti di incertezza come ce li abbiamo tutti. Questi sono i grandi i temi. Non se a Verona erano più uomini o più donne”, ribadisce.

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