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G8: il regista Vicari, ora Italia si doti di una legge degna di democrazia

07 aprile 2015 | 15.28
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Il regista del film 'Diaz', che raccontò sul grande schermo i gravi fatti avvenuti nel capoluogo ligure, commenta la sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l'Italia non solo per quanto accaduto ad uno dei manifestanti ma anche perché non ha ancora una legislazione adeguata a punire il reato di tortura. "Spero in una norma seria sulla tortura in tempi brevi"

Il regista Daniele Vicari davanti alla locandina del film 'Diaz' (foto Infophoto)
Il regista Daniele Vicari davanti alla locandina del film 'Diaz' (foto Infophoto)

"Io spero che si approvi una norma sulla tortura seria in tempi brevi. Perché questo pronunciamento rende evidente che l'Italia su questa materia non ha una situazione degna di una democrazia". Daniele Vicari, regista del film 'Diaz', che ha portato sul grande schermo i gravi fatti avvenuti durante il G8 di Genova, parla così all'AdnKronos della sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l'Italia non solo per quanto accaduto ad uno dei manifestanti ma anche perché non ha ancora una legislazione adeguata a punire il reato di tortura.

"Vedo in questa vicenda, fino al pronunciamento di ieri -aggiunge il regista, che per 'Diaz' fu premiato anche con il premio del pubblico nella sezione Panorama del Festival di Berlino- un atteggiamento da parte dell'Italia simile a quello che spesso si è avuto di fronte ai disastri naturali, perché noi aspettiamo che le cose ci cadano in testa e poi ci svegliamo. Il fatto che l'Italia, dopo la ratifica nel 1984 della 'Convenzione contro la tortura' da parte degli stati membri dell’Assemblea generale della Nazioni Unite, non abbia ancora adeguato la sua legislazione è di una gravità inaudita. Ma abbiamo dovuto aspettare questo pronunciamento per rendercene conto. Abbiamo l'opportunità di ripensarci e di cambiare questa situazione -dice Vicari- che fa sì che il nostro Paese abbia ancora dei problemi con la parola democrazia".

"Siamo in ritardo -sottolinea Vicari- ma siamo ancora in tempo. Certo, i giochini che si fanno nelle commissioni parlamentari (la proposta di legge che introduce nel codice penale il reato di tortura è all'esame del parlamento da quasi due anni, ndr.), dove c'è chi tenta di equiparare il reato di tortura compiuto dalle forze dell'ordine a quello compiuto da civili, non fanno ben sperare".

Quanto al contributo dato dal suo film al percorso che ha portato alla sentenza di Strasburgo, Vicari dice: "Il film sicuramente ha fatto discutere ed ha reso manifesta la gravità degli avvenimenti. Dopodiché è pur sempre un film e non ha nessuna attinenza con il corso della giustizia. L'unica cosa che mi può fare piacere è che anche grazie al film non si può dire che in Italia nessuno si sia occupato di questa vicenda. Perché se questi fatti non sono caduti nell'oblio è grazie ad un pugno di cittadini ed avvocati che l'hanno portata fino a Strasburgo. In questo contesto anche il film ha dato un piccolo contributo. Ma credo di aver fatto una cosa doverosa", conclude il regista.

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