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Violenza sulle donne, Carfagna: "I beni delle mafie per aiutare le vittime"

24 novembre 2021 | 11.35
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"Bisogna rafforzare tutta la catena di interventi che precedono gli atti estremi di aggressione, mettere i violenti in condizione di non nuocere"

(Fotogramma)
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“Non funziona il sistema di prevenzione. L'importante lavoro svolto dalla Commissione d'inchiesta sul femminicidio ci ha dato in proposito dati chiari: il 63 per cento delle donne uccise in un biennio non ha nemmeno denunciato le violenze che hanno preceduto l'attacco mortale; molte tra quelle che hanno denunciato si sono trovate pressoché sole a gestire la situazione”. Questa, secondo Mara Carfagna, la causa principale dell’aumento dei femminicidi in Italia. In un’intervista al Messaggero, la ministra per il Sud afferma che “bisogna rafforzare tutta la catena di interventi che precedono gli atti estremi di aggressione, mettere i violenti in condizione di non nuocere, offrire maggiore ascolto e protezione alle donne. Abbiamo varato proprio ieri - annuncia - d'intesa con il ministro Elena Bonetti, un bando che vale 300 milioni provenienti dal Piano nazionale di ripresa: finanzierà opere di ricostruzione, ristrutturazione o adeguamento degli immobili requisiti ai clan, che potranno così essere restituiti alla collettività”.

“E nell'ambito delle possibili destinazioni d'uso - precisa la ministra - ai fini della graduatoria finale, abbiamo deciso di premiare con un punteggio aggiuntivo i progetti destinati a creare all'interno degli edifici centri anti-violenza per donne e bambini o case rifugio, oppure ancora asili nido o micronidi. Prevediamo 200 interventi e personalmente spero che i Comuni del Sud ne approfittino per offrire un servizio essenziale a migliaia di cittadine meridionali che non hanno uno sportello qualificato a cui rivolgersi se subiscono violenza o stalking. Il Mezzogiorno può usare il bando per riappropriarsi non solo di beni materiali ma anche di diritti: è questa la visione che voglio sostenere. Vedo innanzitutto un enorme problema culturale - aggiunge - Le Questure ci dicono che ogni singolo giorno 89 donne subiscono e denunciano atti di violenza, nel 62% dei casi in famiglia. È una gigantesca emergenza, ma non viene percepita come tale. Dietro i numeri ci sono persone che spesso rischiano la vita, non solo donne ma anche bambini. Se statistiche del genere riguardassero rapine, terrorismo, mafia, avremmo pool specializzati ovunque per difendere le vittime. Bene ha fatto il presidente Draghi a definire la difesa delle donne una priorità. Lo è, e dobbiamo tutti comportarci di conseguenza”.

“È in corso una interlocuzione - tra diversi ministeri competenti Interni, Giustizia, Pari Opportunità, Affari Regionali e Sud - basata su una certezza condivisa: sul fronte della prevenzione di atti estremi come gli omicidi è possibile fare molto di più. Per una coincidenza senza precedenti tutti i ministeri interessati in questo momento sono guidati da donne: siamo nella condizione ideale per agire con efficacia, e lo faremo. Non possiamo dire alle donne denunciate e poi lasciarle sole. Tra le misure che, a mio giudizio, meritano un'applicazione più estesa - sottolinea - c'è il braccialetto elettronico e i miei uffici stanno lavorando per individuare fonti di finanziamento nell'ambito del Pon Legalità (un programma finalizzato a incrementare la diffusione della legalità)”.

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