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Vita stravolta da disturbo tabù, indagine su donne con incontinenza

12 giugno 2014 | 17.30
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Vita stravolta da disturbo tabù, indagine su donne con incontinenza

(Adnkronos Salute) - Soffrono in silenzio, per la vita stravolta, la vergogna e l'imbarazzo. Tutto pur di non uscire allo scoperto ammettendo di avere un disturbo che è ancora un tabù. E' la quotidianità che accomuna 3 milioni di italiani alle prese con la Sindrome da vescica iperattiva, condizione che causa il più delle volte incontinenza urinaria. Un problema che assilla in particolare le donne, maggiormente colpite dal disturbo. A fotografare la sofferenza 'in rosa' è un'indagine condotta per conto di Astellas dall'Istituto Ispo ricerche di Renato Mannheimer, che ha esplorato l'impatto dell'incontinenza urinaria al femminile attraverso un 'bullettin board', gruppo di discussione online al quale hanno partecipato alcune donne con il problema e, dall'altro lato, attraverso un'analisi 'netnografica' sulle web community che si addensano spontaneamente sul tema, coinvolgendo diversi luoghi virtuali e relativi utenti.

L'incontinenza, spiegano gli esperti oggi durante un incontro a Milano, stravolge la vita sociale, lavorativa e affettiva ma chi ne è affetto non descrive i sintomi al medico e non sa che il problema può essere trattato. Il tema sarà anche al centro del 38.esimo Congresso nazionale della Società italiana di urodinamica (Siud) che si svolgerà nel capoluogo lombardo da giovedì 19 giugno fino a sabato 21.

Un vero 'esercito invisibile', quello delle donne con incontinenza. Fra i sentimenti più diffusi rabbia, frustrazione, insicurezza, senso di perdita della femminilità. L'indagine punta a rompere il silenzio su una delle "condizioni a maggior impatto per la qualità di vita", spiega Stefano Salvatore, responsabile Unità funzionale di uroginecologia dell'ospedale San Raffaele di Milano. "I pazienti - racconta - indossano abiti neri per paura delle macchie, vivono con l'angoscia costante di dover correre in bagno, di emanare un odore sgradevole, di portare i pannoloni".

Un incubo che si traduce in "perdita di autostima e sensi di colpa che in molti casi portano all'isolamento sociale e alla negazione della vita affettiva e sessuale", riflette Salvatore. Lo scenario delineato dall'indagine è dominato da scarsa informazione e pregiudizi. Solitudine, rassegnazione e autogestione del disturbo sono la norma. Si fatica a considerare l'incontinenza una malattia. Le donne, rileva la ricerca, vorrebbero parlarne ma l'imbarazzo le frena e si rivolgono al web. Il problema, sottolineano gli esperti, è che le informazioni su Internet e tra le web community sono spesso inaffidabili e non aiutano a trovare percorsi di cura.

"I farmaci oggi disponibili - sottolinea Andrea Tubaro, professore associato di Urologia alla Sapienza di Roma e responsabile Uoc di urologia, Azienda Ospedaliera Sant'Andrea - sono quelli che agiscono sui recettori muscarinici presenti sul muscolo detrusore vescicale e nell'uretra, e il primo di una nuova classe di farmaci, agonisti dei recettori beta-3-adrenergici presenti sulla vescica, che si lega ad essi e con un meccanismo innovativo induce il rilassamento dei muscoli vescicali. La tendenza che si sta affermando è quella di impiegarlo in prima linea".

Gli esperti segnalano comunque difficoltà di accesso a questi farmaci, non rimborsati dal Ssn. E l'incontinenza urinaria, "frequente nella fascia d'età perimenopausale", resta un disturbo da celare, conclude Michele Meschia, direttore dell'Unità operativa di ostetricia e ginecologia dell'ospedale 'G. Fornaroli' di Magenta, "in parte per un fatto culturale che considera la perdita di urine come qualcosa di ineluttabile, legato all’invecchiamento".

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