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Volontariato: 65.000 impegnati tra solidarietà e gratuità

20 aprile 2015 | 13.23
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Ricerca Convol, prima a essere realizzata sul territorio nazionale.

Volontariato: 65.000 impegnati tra solidarietà e gratuità

Un 'esercito' (pacifico) di oltre di 65mila volontari, che svolgono le loro attività in organizzazioni di dimensioni piccole o medie (il 22,3% delle associazioni ha tra gli 1 e i 10 volontari, il 43,3% dagli 11 ai 30 volontari), anche se non è irrilevante il peso di quelle grandi (con più di 50 o, addirittura, più di 100 volontari, in tutto il 21% del totale). E' quanto emerge dall'indagine 'Volontari e Volontariato organizzato tra impegno civico e gratuità', la prima ad aver preso in considerazione tutto il territorio nazionale.

La ricerca è stata voluta dalla ConVol (Conferenza permanente delle Associazioni, Federazioni e Reti di volontariato) con l'obiettivo strategico di valutare il rapporto tra identità e servizio nell’attuale sistema di welfare ma anche tra valori e ideali dell’organizzazione e caratteristiche identitarie dei volontari.

L'indagine (coordinata da Ugo Ascoli, professore di Sociologia economica alla Facoltà di Economia Giorgio Fuà dell'Università Politecnica delle Marche) è divisa in due ambiti: 'Volontari', curato da Ugo Ascoli ed Emmanuele Pavolini, e 'Organizzazioni di volontariato', seguito da Sabina Licursi e Giorgio Marcello.

Delle 851 organizzazioni di tutta Italia esaminate dalla ricerca, poco meno del 13% si è costituito prima del 1980, 17 su 100 sono nate tra il 1981 e il 1990, e le restanti dopo la legge 266 del 1991 (nel primo decennio successivo all'approvazione della legge si è costituito poco più del 30% del campione, negli anni dal 2001 in poi il 40%). Poco più di 42 associazioni su 100 appartengono alla macro-area del Centro-Sud e le restanti 58 su 100 al Centro-Nord. Fra le organizzazioni contattate, 86 su 100 sono iscritte ai Registri regionali.

Le strutture del mondo del volontariato, dicono gli autori dell'indagine, "esprimono un livello di eterogeneità elevato". L’analisi ha consentito di individuare alcune tendenze: innanzitutto, quella che porta a una sfumatura dei confini tra forme di solidarietà differenti.

L’analisi della composizione interna e l’equilibrio tra impegno gratuito e personale retribuito conferma che, accanto a una presenza maggioritaria di organizzazioni che mantengono una sostanziale prevalenza del contributo volontariato, vi sono altre componenti interessate da una transizione a una forma più organizzata, come l’impresa sociale, in cui il criterio regolativo prevalente sia la nonprofitness.

Le risposte date alla domanda 'Cosa definisce meglio l’organizzazione?', poi, hanno evidenziato come la gratuità non sia il criterio più 'identitario'. Infatti, solo il 14,7% delle associazioni ha risposto che la 'gratuità è la cosa più importante', scegliendo invece altre parole per definire i confini identitari prevalenti, come assenza di lucro, solidarietà, utilità sociale.

A chi si rivolgono le organizzazioni contattate? "Alle più diverse situazioni di bisogno - rispondono gli autori con certa segmentazione delle sensibilità e dei servizi offerti".

Oltre 70 organizzazioni su 100 hanno individuato negli ‘appartenenti alla società locale’ i principali destinatari delle proprie attività; poco più di 12 su 100 si rivolgono alle 'persone con handicap', portatrici di bisogni sanitari importanti, con dipendenza da alcol o da sostanze; solo 7 su 100 si rivolgono ai destinatari più fragili, per i quali si può individuare già una condizione di scivolamento ai margini della società o di elevato rischio di esclusione (immigrati e profughi, persone senza dimora, vittime di violenza); infine, sono poco più di 8 su 10 le organizzazioni che individuano come principali beneficiari delle attività i propri aderenti.

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