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Whirlpool: accordo raggiunto, salva Carinaro e nessun esubero

02 luglio 2015 | 15.00
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Whirlpool: accordo raggiunto, salva Carinaro e nessun esubero

Non è un nuovo piano industriale ma una riscrittura sostanziale sì: è su queste basi che Whirlpool e sindacati, al termine di un braccio di ferro lungo 2 mesi, hanno trovato un'intesa sul rilancio della produzione e dei siti ex Indesit in Italia. Una bozza di accordo, quello siglato oggi al Mise in attesa del voto dei lavoratori atteso per i prossimi 13 e 14 luglio, che salva dalla chiusura i siti di Carinaro (dove saranno impiegati 320 lavoratori su 815) e quello di None; assegna ad ognuno degli 8 stabilimenti acquisiti dalla multinazionale americana, una nuova missione con cui portare a 650.000 pezzi i volumi prodotti in Italia; riassorbe tutti gli esuberi strutturali previsti scongiurando il licenziamento di oltre 2000 lavoratori, tra operai e impiegati; ma sopratutto conferma i 513 milioni di investimento entro il 2018 e concentra in Italia il 75% di tutti gli investimenti su R&S di tutta l'area Emea.

A questo si associa un piano di incentivi per trasferimenti volontari, esodi verso la pensione e non, con un meccanismo 'anti-esodati' ed una monetizzazione maggiore rispetto agli altri per i lavoratori del sito di Caserta che potranno beneficiare di una buonuscita fino a 85mila euro. Previsto inoltre l'impegno di Whirlpool nella ricerca di nuovi investitori per Teverola con uno stanziamento ad hoc di 2 mln di euro. Già domani l'accordo sarà illustrato nelle assemblee dei lavoratori in tutti i siti del Gruppo dai sindacati, usciti unitariamente da una vertenza che ha rischiato seriamente di spaccarli, che a questo punto incrociano le dita sull'esito della consultazione.

Soddisfatti dunque Fim Fiom, Uilm e Ugl ma soddisfatti sopratutto il governo e la multinazionale americana. "E' un grande risultato. Il piano industriale è solido e robusto, con un investimento da 513 mln che definirei poderoso. Meglio di così non ci potevamo augurare", commenta infatti il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, al termine del round al Mise riconoscendo all'azienda “una grande sensibilità a integrare e correggere i punti critici”. Ma è un risultato, prosegue, “che va attribuito anche ai sindacati che hanno sostenuto la vertenza trattando anche in momenti difficili”. Un giudizio condiviso dal ministero del Lavoro che, come annota Teresa Bellanova, “è il frutto di un negoziato costruito con il confronto ed il dialogo che hanno impedito lotte esasperate”. Non di meno l'azienda. "È un grande piano come se ne vedono pochi: mezzo miliardo in quattro anni per dare all'Italia un ruolo centrale nella produzione. Sono orgoglioso del percorso fatto: con i sindacati abbiamo fatto squadra", ha spiegato l'ad Whirlpool, Davide Castiglioni, che ribadisce come il piano messo a punto nella trattativa non sia “una soluzione tanto per trovarne una ma ha una sua sostenibilità economica".

Raggianti i sindacati anche se per alcuni l'esito del voto non appare così scontato. Soddisfatta la Fiom. “Con l'accordo vince il lavoro e la lotta dei lavoratori”, spiega il leader Maurizio Landini che non rinuncia all'ironia verso il premier Matteo Renzi parafrasando, ora, un vecchio tweet del presidente del Consiglio poco prima della presentazione del primo piano lacrime e sangue da parte Whirlpool. "A questo punto si può dire che la presenza di Whirlpool in Italia è fantastica", conclude. E si tratta di un “un accordo importante” anche la Fim di Marco Bentivogli che “premia due mesi di lotta che han convinto alla retromarcia gli americani trafsormando un piano industriale da bollettino di guerra ad un vero piano di rilancio". Soddisfatto anche il leader Uilm, Rocco Palombella, che guarda ora con speranza al voto dei lavoratori: “spero nel sì' perchè non tutti sono soddisfatti dall'accordo, ma li convinceremo”, dice. Anche per l'Ugl l'accordo di oggi "dimostra a quali importanti risultati può portare la condivisione di un unico obiettivo”, commenta il leader Paolo Capone per il quale però “resta evidente la totale assenza di una politica industriale capace di affrontare temi e problemi con una logica di sistema, piuttosto che con un approccio emergenziale come ancora si fa oggi".

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