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Yassmin Pucci: "Mio zio lo Shah e il sogno di rivedere il Paese splendere'

18 giugno 2021 | 16.28
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La nipote di Mohammad Reza Pahlavi parla nel giorno delle elezioni in Iran

Yassmin Pucci
Yassmin Pucci

L'Iran di oggi "mi spaventa" perché la religione "influenza pesantemente" ogni ambito della vita, "non ci sono libertà civili, gli studenti non sono liberi di manifestare e vengono sbattuti in prigione o massacrati in strada, ma il mio sogno è di rivederlo splendere". Mentre nella Repubblica islamica si vota per eleggere il nuovo presidente, con ogni probabilità Ebrahim Raisi, Yassmin Pucci guarda con disincanto e un pizzico di rabbia a quel Paese in cui da quando è nata non ha potuto più mettere piede.

Figlia di Farah Arvand, di professione attrice, Yassmin è la nipote dell'ultimo Shah, Mohammad Reza Pahlavi, e in un'intervista ad Aki-Adnkronos International indica le sue speranze per un Paese che ha nel cuore e che desidera visitare. "E' un'idea che ho sempre avuto in testa, ma mia madre mi ha finora sconsigliato dicendomi che sarebbe meglio aspettare il momento giusto", spiega.

Yassmin non parla farsi, "per scelta di mia madre che era arrabbiatissima per la rivoluzione", ma ha tanti contatti in Iran, soprattutto grazie ai social. "Molti studenti mi raccontano che vorrebbero il ritorno dello Shah, fatto che mi rendo conto non accadrà mai. Hanno voglia di modernità", afferma l'attrice di 'Oro e Piombo', che si dice "basita" dalle notizie che arrivano ogni giorno dall'Iran come quella della "ragazza lapidata perché senza chador. Trovo tutto ciò inumano. E' il fanatismo a far arrivare a questi livelli".

Yassmin, che lavora a una serie tv (una co-produzione spagnola) tratta da 'Oro e Piombo' e parteciperà al prossimo film di Lillo e Greg, ammette che la sua famiglia "ha fatto tanti sbagli, non si è resa conto di alcuni meccanismi che soffocavano la popolazione, ma mio zio, che era innamoratissimo dell'Italia, voleva semplicemente il bene del popolo", prosegue l'attrice, secondo cui la rivoluzione islamica ha "affossato il Paese".

Yassmin ritiene che gli iraniani si siano "pentiti" subito di Khomeini, che da parte sua "comprese che nel 1979 lo Shah era odiato e che quello era il momento giusto per rientrare in Iran. Ora spero solo in un governo più elastico e che tutti possano godere delle bellezze dell'Iran senza avere paura".

Yassmin ancora oggi fa i conti con l'eredità della monarchia Pahlavi. Una famiglia 'ingombrante', in cui misteri e drammi si intrecciano come se fosse una sceneggiatura di un film. Dinamiche complesse che l'attrice vuole raccontare in un libro.

"Il titolo provvisorio è 'Una vita reale' e vorrei proporlo alle più importanti case editrici per poi trarne un film da presentare a Cannes", dice l'attrice che racconta come il libro, ancora in fase di stesura, parli di "tre generazioni a confronto" e in particolare del suo rapporto con due donne che hanno significato molto per lei, "mia madre e mia nonna Ashraf Pahlavi, sorella gemella dello Shah soprannominata la 'Pantera Nera', una personalità forte, che lottò tantissimo per il voto alle donne e per far cadere l'obbligo di indossare il velo. Un'eredità, seppur lontana nel tempo, di cui avverto la responsabilità".

Ashraf Pahlavi è "un personaggio e penso sia doveroso raccontare la sua storia e anche quella di mia madre", che per anni ha lavorato all'ambasciata a Roma come responsabile del cerimoniale, "cresciuta all'ombra di questa donna 'ingombrante' che l'ha sempre considerata sua figlia nonostante non ci fossero certezze. Quando ha chiesto di fare il test del dna si è alzato muro infinito". Farah Arvand, tiene a precisare la figlia, "non si è mai data arie di alcun tipo, nonostante abbia vissuto in una reggia, viaggiato e studiato nei migliori collegi".

Un altro mistero è racchiuso nel nome, o meglio nel cognome, della stessa attrice che nella sua forma completa è Pucci Amirsoleymani. Pucci è quello dell'uomo che l'ha adottata e che Yassmin considera suo padre a tutti gli effetti. Amirsoleymani è il padre biologico. "Mi hanno detto facesse parte della Savak, i servizi segreti dello Shah prima della rivoluzione - conclude - Non ho mai voluto fare il test del Dna ma sui documenti ufficiali ho anche il suo cognome".

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