Analisi di Socialcom con la piattaforma Socialdata: "L'Ai rende il falso credibile e le fake news nel 2025 conquistano Instagram e TikTok con un totale di 280 mila post e circa 90 milioni di interazioni online"
Dal video virale di una donna che litiga con una hostess per far salire a bordo dell'aereo un canguro - con tanto di biglietto in zampa - alla storia senza alcun fondamento di Brigitte Macron transgender. Nel 2025 le fake news non sono più soltanto notizie sbagliate o titoli sensazionalistici: sono contenuti costruiti per sembrare veri, spesso più convincenti della realtà stessa. La grande novità emersa dall’analisi delle dieci fake news con più engagement sui social in Italia è il ruolo centrale dell’intelligenza artificiale, che segna un vero cambio di paradigma nella disinformazione digitale. L’analisi di Socialcom con la piattaforma Socialdata ha analizzato tutte le fake news, bufale e leggende metropolitane proliferate su Instagram e Tiktok nel corso del 2025 (PDF), per un totale di 280 mila post e circa 90 milioni di interazioni online. Il primo dato è il ruolo determinante dell’AI: non solo uno strumento in più, ma un moltiplicatore di credibilità.
Video e immagini generate artificialmente, come il caso del “canguro da supporto emotivo” bloccato in aeroporto, riescono a superare le difese critiche degli utenti perché parlano il linguaggio nativo dei social: emozionale, immediato, visivo. "Non siamo più davanti a testi palesemente inventati, ma a scene che 'potrebbero essere vere', soprattutto se viste senza audio, senza contesto o in mezzo a uno scroll continuo - osserva Socialcom - È qui che nasce una nuova generazione di fake news, più sofisticata, più difficile da smontare, e quindi più pericolosa. Accanto all’AI, emerge con forza il ruolo delle community digitali molto coese. Le fake news proliferano dove esiste un patrimonio condiviso di meme, personaggi, riferimenti interni e tormentoni".
In Italia, emerge dall'analisi di Socialcom con la piattaforma Socialdata, questo avviene in modo evidente nel mondo del calcio online, ma nel 2025 si allarga anche ad altri ambiti. Il tennis, portato al centro del discorso sportivo nazionale da Jannik Sinner, diventa un nuovo terreno fertile: ogni gesto, ogni espressione, ogni frame viene isolato, interpretato e talvolta manipolato, come dimostra la foto falsa che ritraeva il campione italiano sorridente accanto al suo avversario infortunato. "Molte fake news analizzate nascono proprio così: non da una volontà esplicita di ingannare, ma da uno scherzo, un meme o un’ironia locale che perde contesto e scala rapidamente - osserva Socialcom - È il caso di 'Gustavo Lafessa', nome volutamente grottesco e allusivo per il pubblico italiano, diventato improvvisamente una presunta identità reale rilanciata a livello internazionale come omicida di Charlie Kirk".
Oppure del meme sull’“uomo di Mantova” travestito da madre, che da fenomeno di cronaca e ironia nazionale finisce addirittura in un servizio televisivo argentino con il volto dell’allenatore dell’As Roma Gian Piero Gasperini, trasformando uno scherzo in una notizia falsa globale. Un altro elemento ricorrente è il ricorso a narrazioni ancestrali, quasi da fiaba nera. La teoria dei “gatti incendiari” sul Vesuvio, si sottolinea nella ricerca, ne è l’esempio più emblematico: un racconto horror che oppone l’innocente per eccellenza (il gatto, amatissimo sui social) a un nemico invisibile e malvagio come la camorra. È una storia falsa, già smentita anni fa, ma capace di tornare ciclicamente perché costruita su archetipi emotivi potentissimi.
In questi casi la verosimiglianza non nasce dai fatti, ma dalla forza simbolica del racconto. La tecnologia, inoltre, viene spesso rappresentata come potente ma fuori controllo, alimentando paure e sospetti. Succede con la fake news sulla “terza spunta blu” di WhatsApp, che intercetta il timore di perdere privacy e controllo nelle conversazioni personali. O con il presunto “robot con utero artificiale” creato in Cina, una storia che mescola fantascienza, AI e clickbait scientifico. Anche qui, il falso si innesta su qualcosa di vero, la ricerca medica, ma lo stravolge fino a renderlo irriconoscibile. Non manca poi il tema del corpo, dell’identità e della famiglia, spesso colpiti in modo diretto.
E l'analisi sottolinea anche che la teoria complottista su Brigitte Macron, accusata di essere un uomo, mostra "come la disinformazione utilizzi l’identità di genere come strumento di delegittimazione simbolica. Allo stesso modo, l’invenzione di una parentela tra Richard Rios e Shakira rivela una banalizzazione culturale che trasforma una coincidenza geografica in una narrazione virale, riducendo la complessità delle persone a stereotipo".
Infine, emerge dall'analisi, alcune fake news dimostrano "quanto basti un singolo frame per costruire accuse devastanti. È il caso del video sul treno per Kiev, in cui Emmanuel Macron viene accusato di nascondere cocaina: un fazzoletto di carta, rallentato e zoomato, diventa 'prova' di una narrazione tossica". In questi casi il linguaggio del sospetto vince sui fatti, e la smentita, pur ufficiale, fatica a raggiungere lo stesso pubblico della bufala. In sintesi, la ricerca mostra che oggi la disinformazione "non punta solo a mentire, ma a riscrivere il senso della realtà. E lo fa sfruttando immagini, emozioni, comunità e tecnologie che rendono il falso sempre più simile al vero".
Un fenomeno che impone una nuova alfabetizzazione digitale: non basta più verificare le fonti, bisogna imparare a leggere i meccanismi con cui una storia diventa virale.
“Questa ricerca mostra un salto di fase: nel 2025 la disinformazione non vive più solo di titoli, ma di contenuti verosimili. L’AI rende le fake news più credibili e più facili da condividere, mentre le community digitali, dal calcio al tennis, funzionano da amplificatori naturali - spiega Luca Ferlaino, presidente di Socialcom - Il dato più rilevante è culturale: basta un video generato, un meme fuori contesto o un frame manipolato per riscrivere la realtà. Per questo serve un’educazione digitale più forte: oggi il problema non è solo distinguere vero e falso, ma capire come il falso riesca a sembrare vero”.