Grazia parziale per Alaa Faraji, il calciatore libico 30enne condannato a 30 anni per favoreggiamento della immigrazione clandestina e omicidio plurimo, perché nella traversata che lo ha portato in Italia sono morte 49 persone chiuse nella stiva. Il giovane che all'epoca aveva 19 anni avrà quindi uno sconto di pena di 11 anni e 4 mesi. In questo modo potrà accedere alle pene alternative, come la semilibertà per scontare il terzo della pena che gli resta. "Nel concedere la grazia parziale, che ha estinto una parte della pena detentiva ancora da espiare", fa sapere il Quirinale, "il Capo dello Stato ha tenuto conto del parere favorevole del Ministro della Giustizia, della giovane eta' del condannato al momento del fatto, della circostanza che nel lungo periodo di detenzione di oltre dieci anni sinora espiata dall'agosto del 2015, lo stesso ha dato ampia prova di un proficuo percorso di recupero avviato in carcere, come riconosciuto dal magistrato di sorveglianza, nonche' del contesto particolarmente complesso e drammatico in cui si e' verificato il reato. Cio' e' stato evidenziato anche dai Giudici della Corte d'appello di Messina i quali, nel rigettare l'istanza di revisione per ragioni processuali, hanno sottolineato che per 'ridurre lo scarto indubbiamente esistente tra il diritto e la pena legalmente applicata e la dimensione morale della effettiva colpevolezza', si puo' fare ricorso solo all'istituto della grazia che consente di ridurre o commutare una parte della pena". Dunque, anche il Ministero della Giustizia ha dato parere favorevole alla grazia per il giovane studente libico.
Lo scorso giugno la Corte di Cassazione aveva negato la revisione del processo, dopo che la Corte d’appello di Messina, pur definendo la condanna “abnorme”, si era limitata a suggerire di “ricorrere all’istituto della grazia”. Per lo Stato italiano Alaa Faraj oggi è un trafficante condannato a 30 anni, come lo sono gli altri tre amici, calciatori anche loro, con cui quella notte d’agosto di dieci anni fa si è imbarcato su una carretta del mare. Durante quella traversata 49 persone morirono soffocate nella stiva. Alaa e gli altri lo hanno scoperto solo all’arrivo, il 15 agosto 2015. “Ancora non so se sono pentito o no di quella scelta, (alla luce di ndr) come sono andate le cose, e la rovina della mia vita di farmi 30 anni da innocente”, aveva scritto in una delle sue prime lettere alla docente dell’università di Palermo Alessandra Sciurba. Ne sono seguite altre ventisette che sono diventate un libro, "Perché ero ragazzo", Sellerio editore. Lettere scritte nell’italiano zoppo che il ragazzo ha imparato dietro le sbarre e la professoressa ha voluto mantenere intatto.
Sulla vicenda di Alaa è intervenuto anche Luigi Ciotti, che ha chiesto “un supplemento di verità e giustizia per chi oggi paga un prezzo sproporzionato, inaccettabile”.