
Un nuovo fronte di tensione internazionale è stato innescato dall’attentato terroristico di Pahalgam del 22 aprile, che ha causato la morte di 26 persone e finita con il cessate il fuoco del 10 maggio. India e Pakistan sono storicamente contrapposte per religione e interessi opposti, inclusa l’annosa questione legata al Kashmir. Lo schema si ripete: un attacco in cui vengono uccisi degli indiani provoca una serie di ritorsioni reciproche che portano l’Asia meridionale sull’orlo di una guerra totale. In risposta all’attentato, l’India ha lanciato attacchi contro obiettivi nel Pakistan e nel Kashmir, amministrato dai pakistani, dichiarando di aver colpito infrastrutture terroristiche. Gli scontri si sono intensificati venerdì 9 maggio: l'India ha accusato il Pakistan di aver lanciato attacchi lungo il suo confine occidentale, il Pakistan ha respinto queste affermazioni, ma colpi di artiglieria sono rimbombati su entrambi i fronti. Poi il passo indietro, da tutte e due le parti, e la tregua. C’è stato l’intervento diretto degli Stati Uniti, prontamente rivendicato da Donald Trump: “Abbiamo fermato un conflitto nucleare. Penso che avrebbe potuto essere una brutta guerra, con la morte di milioni di persone: ne sono molto orgoglioso”. Tra i Paesi ‘amici’ che hanno contribuito alla de-escalation, c’è anche l’Italia. Anche il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha evidenziato il contributo dato per disinnescare il focolaio di guerra. “Ho avuto una serie di telefonate con i ministri degli Esteri di India e Pakistan. L'Italia è sempre stata considerata un Paese capace di mediazione" e, in questo contesto, "ho trasmesso ai pakistani i messaggi degli indiani e le risposte dei pakistani". Il cessate il fuoco, per ora, è limitato a un orizzonte di pochi giorni e la tregua sembra fragile. Le forze militari di entrambe le parti rimangono in allerta dopo giorni di pesanti combattimenti e il rischio che la tensione si possa riaccendere resta concreto.