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Israele come Hamas? Così il procuratore Khan mina il diritto penale internazionale

Chiedere l'arresto di Netanyahu al pari dei leader di Hamas, senza che la Corte dell'Aia abbia compiuto un'indagine approfondita, servirà solo a rendere la giustizia internazionale meno efficace e più settaria

Israele come Hamas? Così il procuratore Khan mina il diritto penale internazionale
22 maggio 2024 | 17.01
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Dopo due anni e mezzo dall'invasione dell'Ucraina, la Corte Penale Internazionale è riuscita a produrre solo un mandato di cattura per Vladimir Putin e solo per l'accusa di aver deportato bambini dal territorio ucraino con lo scopo di sottrarli alle loro famiglie e rieducarli secondo la cultura russa. Niente per il massacro di Bucha, per le fosse comuni di Izium dove sono stati ritrovati 447 cadaveri, niente per i missili sui civili, sugli ospedali, sulle centrali elettriche. Ora il Procuratore Generale Karim Ahmad Khan, dopo sei mesi di guerra tra Israele e Hamas e senza aver compiuto alcuna indagine degna di questo nome, chiede in contemporanea l'arresto di Netanyahu, del ministro della Difesa Gallant e dei vertici di Hamas Sinwar, Al Masri e Haniyeh. Mettendo sullo stesso piano lo Stato di Israele e la milizia terrorista che ha rivendicato con orgoglio e sadismo il brutale attentato del 7 ottobre.

È la prima volta che accade per il capo di governo in carica di un Paese democratico, ed è una mossa in totale contrasto con lo Statuto di Roma che regge la Corte istituita nel 2002 all'Aia. Non solo perché Israele (come Stati Uniti, Russia, Cina) non ha mai aderito alla Corte. Ma perché il suo - unico - compito è quello di giudicare i criminali di guerra quando i loro ordinamenti giudiziari non vogliono o non possono farlo. E mentre a Gaza non esiste giudice che si sognerebbe di indagare i boss della guerra permanente, Benjamin Netanyahu è sotto indagine dal 2016 e sotto processo dal 2019. Il sistema giudiziario israeliano, e con esso una grossa fetta della popolazione, lo ha sfidato apertamente quando ha provato a far passare una radicale riforma della giustizia. Se si è macchiato di crimini di guerra o contro l'umanità (almeno il genocidio, il procuratore Khan, glielo ha risparmiato), potrebbe senza dubbio essere messo sotto inchiesta dai magistrati del suo Paese.

Eppure il procuratore non sembra essere alla ricerca della giustizia, non avendo (lui o altri suoi colleghi) messo piede a Gaza. Un gruppo di funzionari dall'Aia doveva atterrare in Israele due giorni fa per discutere di fatti e prove, ma Khan aveva già deciso che la guerra in Medio Oriente dovrà essere la sua “eredità duratura” (lo scrive il “Financial Times”), e ha preferito fare il suo annuncio bruciando le tappe. Il primo capo di accusa è quello di aver “affamato i civili come strumento di guerra”, con 31 abitanti della Striscia che sarebbero morti di malnutrizione e disidratazione.

Secondo i dati israeliani, 542.570 tonnellate di aiuti e 28.255 camion di viveri sono entrati a Gaza dall'inizio del conflitto. Dunque, anche se queste morti sono state causate dalla terribile condizione in cui si trova oggi Gaza, non si può dire che siano frutto di un piano deliberato e univoco. Mentre Hamas negli ultimi 20 anni ha preso i miliardi di euro in aiuti umanitari ricevuti dall'Europa e dagli Stati Uniti e li ha trasformati in kalashnikov, razzi, tunnel sotto gli ospedali usati come depositi di munizioni e carceri per prigionieri civili israeliani. Hamas ha trasformato Gaza in una fortezza militare e in una fabbrica eterna di disperazione e frustrazione esistenziale per la popolazione palestinese, Israele da sei mesi reagisce (per quanto in modo violentissimo) al più efferato attentato mai subito contro la sua stessa esistenza.

Nelle prossime settimane, tre giudici dovranno stabilire se le richieste di arresto sono legittime. Ma la decisione non avrà nessun effetto concreto: l'ex presidente sudanese Omar Bashir ha un mandato sulla testa dal 2009 per lo sterminio in Darfur e non è mai stato catturato.

Quello che cambierà sarà l'atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti della Corte Penale Internazionale: Washington ha firmato ma non ha mai ratificato lo Statuto, e durante la presidenza Trump c'era stato un ulteriore irrigidimento (si parlava di perseguire soldati americani per le loro azioni in Afghanistan). Invece negli ultimi mesi sia l'Amministrazione Biden che alcuni membri del Congresso stavano lavorando per dare nuova linfa politica alla Corte, e favorire le indagini sui crimini commessi in Ucraina. La mossa del procuratore, definita “oltraggiosa” dal presidente americano, avrà come unico risultato di rendere ancora più settario e inefficace il diritto penale internazionale. (di Giorgio Rutelli)

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