
Il rocker fiorentino pubblica il 7 giugno il nuovo lavoro discografico, 12 tracce in cui racconta i 'deserti' sociali, affettivi e politici poi partirà il tour: "Non vedo l’ora di tornare sul palco"
Si chiama 'Deserti' ed è un viaggio tra suggestioni emotive e scenari sociali il nuovo album di Piero Pelù, in uscita domani su etichetta Epic Records/Sony Music Italy. Un disco con il quale il rocker di Firenze torna sulle scene dopo un periodo di stop forzato provocato da uno choc acustico subito due anni fa mentre si trovava in studio di registrazione, e che ha causato il rinvio del tour. Il concept album si inserisce, come secondo capitolo, nella 'Trilogia del disagio' iniziata nel 2020 con la pubblicazione del disco ‘Pugili fragili’ e prosegue oggi con 12 tracce, 11 inediti e una versione unplugged dell’ormai leggendario manifesto del pacifismo ‘Il mio nome è mai più’, brano scritto con Luciano Ligabue e Lorenzo Jovanotti, che Pelù ha voluto ripubblicare in occasione dei 25 anni dalla sua uscita.
“Deserti e desertificazione sono sotto gli occhi di tutti - racconta Pelù all’AdnKronos -. Parlo di deserti sociali, affettivi, politici. Il tutto naturalmente è estremamente legato al disagio che sto vivendo io dalla pandemia in poi”. Ma i deserti, spiega il rocker, sono anche luoghi molto affascinanti: "Amo andare del deserto del Marocco o in Nord Africa. Non a caso la prima canzone dell’album si chiama ‘Porte’, perché attraverso questa porta si entra dentro la dimensione dell’album. Quella del deserto è una constatazione ma anche una suggestione emotiva”.
Dopo l’incidente subito, Pelù non si è chiuso in sé stesso ma lo ha affrontato parlandone con i fan. “Ho scoperto che quello degli acufeni è un problema sociale non da poco - evidenzia Pelù -. Sui social in migliaia mi hanno contattato per darmi consigli o raccontarmi le loro situazioni, è una piaga sociale. Chi soffre di acufeni tende anche un po’ all’isolamento, perché non aiuta a sopportare i rumore e gli inquinamenti acustici delle città”. La sua situazione Pelù ha deciso di raccontarla in ‘Baraonde’, una canzone “che amo profondamente” spiega l’artista. "Dopo l’incidente mi sono immerso completamente nella natura e da queste immersioni ne sono venuti fuori delle fotografie e un video che ho realizzato io stesso". Peraltro, la copertina del disco è il montaggio di due sue fotografie: "Si vede un cielo ma in realtà è riflesso in una pozzanghera d’asfalto. E’ cielo sporco, finto - dice -. Mi sono immerso nell’informale che si può ritrovare in natura. E tutto questo finirà anche sui visual che proietterò durante il tour”.
Un tour che prenderà il via il prossimo 29 giugno da Spilimbergo (Pn) e che lo vedrà protagonista sul palco delle principali rassegne estive, mentre in autunno ci sarà il ritorno alle origini del rock 'n' roll nei club. “E' tutto pronto - assicura Pelù - e non vedo l’ora di ricominciare a suonare dopo stop forzato che ho subito. La medicina non mi è stata d’aiuto, ho avuto solo un 25% di miglioramento mentre la tecnologia mi ha aiutato molto e mi ha permesso di tornare sul palco. Fuori c'è la stessa potenza di suono ma in cuffia è molto più contenuto”.
Oltre a raccontare dei deserti causati dalle guerre, come in 'Scacciamali', il rocker affronta nel disco anche il tema dei deserti affettivi, come nel brano 'Picasso', dove racconta del Piero "bambino, adolescente che confida alla famiglia di voler fare musica, il rock’n’roll, e davanti si trova un muro, una guerra mondiale tra le mura domestiche". Ma anche i deserti sentimentali come nella rock ballad 'Maledetto Cuore' o ancora, i deserti creati dai socia, come in 'Tutto e subito', brano scritto insieme ai Fast Animals and Slow Kids. C'è poi 'Novichok', brano che musicalmente è il più legato alle radici litfibiane nel quale il veleno subdolamente usato da Putin per uccidere i suoi oppositori è una metafora per il veleno che viene propinato ai cittadini attraverso cibi contaminati e propagande. Un album squisitamente rock, in pieno stile Pelù.
“Il rock è vivo - scandisce Pelù - oggi in Italia ci sono fior fiore di band nuove che spaccano di brutto. Non a caso nel mio disco figurano due ospiti importanti dell’ultima generazione, come i Calibro 35 e i Fast Animals and Slow Kids. Il rock sta benissimo e gode di ottima salute e voglio sperare che ‘Deserti’ dia un segnale anche a chi negli ultimi tempi si è lasciato un po’ troppo distrarre dalle tendenze nuove". (di Federica Mochi)