Consulta: incostituzionale il tetto di sei mensilità per il risarcimento dei licenziamenti illegittimi

La norma era oggetto del referendum di giugno promosso dalla Cgil. M5S e Avs: "Avevamo ragione". L'allarme di Uninpresa: "Rischio tenuta per le Pmi"

La sede della Consulta - Ipa
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21 luglio 2025 | 17.56
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È incostituzionale il limite di sei mensilità imposto dalla legge per i risarcimenti di chi è vittima di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese che non rientrano nell'applicazione dell'articolo 18. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, nella sentenza numero 118 depositata oggi, lunedì 21 luglio.

Cosa dice la Corte

Secondo la Corte, l’imposizione di un simile limite massimo, fisso e insuperabile, a prescindere dalla gravità del vizio del licenziamento - aggiungendosi alla previsione del dimezzamento degli importi indicati agli articoli 3, comma 1, 4, comma 1, e 6, comma 1, del citato decreto legislativo numero 23 del 2015 - fa sì che l’ammontare dell’indennità sia circoscritto entro una forbice così esigua da non consentire al giudice di rispettare i criteri di personalizzazione, adeguatezza e congruità del risarcimento del danno sofferto dal lavoratore illegittimamente licenziato, né da assicurare la funzione deterrente della stessa indennità nei confronti del datore di lavoro.

La Corte esprime, inoltre, l’auspicio di un intervento legislativo sul tema dei licenziamenti di dipendenti di imprese sotto soglia, in considerazione del fatto che, nella legislazione europea e in quella nazionale, sia pur inerente ad altri settori (come ad esempio la crisi dell'impresa), il criterio del numero dei dipendenti non costituisce l’esclusivo indice rivelatore della forza economica dell’impresa e quindi della sostenibilità dei costi connessi ai licenziamenti illegittimi.

L'allarme di Uninpresa

a sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il limite massimo di sei mensilità per l’indennizzo nei casi di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese introduce un importante principio di tutela individuale, ma corre il rischio di produrre gravi conseguenze sull’equilibrio e sulla tenuta economica e occupazionale del sistema produttivo italiano. È quanto sostiene Unimpresa, secondo cui l’impatto potenziale è ampio e profondo: un’azienda con quattro dipendenti e un fatturato di 250.000 euro annui, se condannata a pagare una indennità non più contenuta nel limite di sei mensilità, potrebbe trovarsi a versare 12-18 mensilità di retribuzione (in media 30.000–40.000 euro) a fronte di un solo rapporto di lavoro, con la concreta possibilità di dover ricorrere a indebitamento, dismissioni o cessazione dell’attività.

"Una giurisprudenza che non tiene conto delle condizioni strutturali delle imprese rischia di trasformarsi in un boomerang per l’intero mondo del lavoro", osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. "Il principio costituzionale della tutela del lavoro non può essere realizzato scaricando sulle imprese più piccole l’intero peso della disciplina sanzionatoria" e "il rischio - secondo Longobardi - è che questa pronuncia contribuisca a congelare il mercato del lavoro nelle microimprese. Se assumere comporta un potenziale danno patrimoniale incalcolabile, molti piccoli imprenditori preferiranno non crescere, non formalizzare i rapporti, o peggio, rinunciare a investire nel lavoro stabile".

M5S: "Avevamo ragione"

"La Corte costituzionale mette nero su bianco quello che diciamo da sempre", scrivono in una nota i parlamentari del Movimento 5 stelle delle commissioni Lavoro di Camera e Senato. "Con il suo pronunciamento, la Corte ci dà ragione e non possiamo non pensare al referendum che soltanto un mese e mezzo fa ha portato alle urne 13 milioni di cittadini per cambiare questa norma ingiusta. La stessa Consulta invita a un intervento legislativo: il governo non faccia orecchie da mercante e tuteli davvero i lavoratori, rimediando quanto prima a questa stortura". Lo .

Bonelli: "Norma è ingiusta"

Fa eco da Avs Angelo Bonelli: "Avevamo ragione a chiedere l’abrogazione di questa norma con il referendum, ma il governo Meloni ha fatto di tutto per sabotare quella battaglia di giustizia e dignità per i lavoratori". "Il governo Meloni, invece di tutelare i diritti dei lavoratori - prosegue -, ha scelto di insabbiare il referendum proposto per abrogare una norma in palese contrasto con i principi costituzionali. Non solo è stato negato un diritto democratico ai cittadini, ma si è fatto muro per difendere l’indifendibile. Oggi la Consulta smentisce il governo e dà ragione a chi, come noi, ha lottato per restituire dignità e tutele ai lavoratori. Il governo - è l'esortazione di Bonelli - prenda atto della sentenza e cambi rotta: basta attacchi ai diritti, basta propaganda sulla pelle dei lavoratori".

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