
La stella internazionale del desert blues torna a Roma e in un concerto al Tempio di Venere e Roma cattura il pubblico e lo porta lontano con il suo rock-blues. Tanta musica e un'unica invocazione: "Serve la pace in tutto il mondo. Viva la pace, viva la musica".
Dal deserto africano al cuore della città eterna. Bombino, stella internazionale del desert blues, torna a Roma e porta le sonorità del suo Sahara nel suggestivo scenario del Tempio di Venere e Roma, nel Parco del Colosseo, dove chiude la rassegna 'Venere in Musica'. Due ore tutte di un fiato, che catturano il pubblico e lo portano lontano, in un viaggio che ricorda le carovane del deserto, tra ballate e ritmi ipnotici e grandi cavalcate in accelerazione. Niente scaletta predefinita, ieri sera, per il cantante nigerino, al secolo Goumour Almoctar - definito il 'Jimi Endrix del deserto' e primo artista del Niger ad essere nominato ai Grammy, nel 2019 - ma un brano dopo l'altro tratti dal suo ultimo album 'Sahel', e non solo. Un'unica pausa a metà concerto, quando a 'fermarlo' è un piccolo problema al jack della sua chitarra elettrica: lui - col sorriso che lo accompagna sempre - guarda gli strumenti e scherza: "Si vede che hanno attraversato tutto il deserto...", dice. Ed è questa la prima occasione per parlare al pubblico. Poche frasi dove risuona più e più volte una sola parola: "Pace".
Bombino invoca dal palco la "pace" e "una pace duratura, in ogni parte del mondo", poi, risolto il problema tecnico, riprende a suonare, affiancato dai suoi musicisti: Anass Almahamoud al basso e Mohamed Alhassan Kawissan, chitarra ritmica e cori - rigorosamente in costume Tuareg e turbante che lascia intravedere gli occhi e poco più - e dal batterista statunitense Corey Wilhelm, ormai un 'quasi africano', nella band di Bombino dal 2013. Il 'Sultano delle sei corde', come lo ha soprannominato il New York times, ritenuto da alcuni uno dei più grandi chitarristi al mondo, trascina il pubblico con le sue melodie elettrizzanti, il suo blues denso e magmatico, la magia della chitarra a sei corde e i vocalismi in Tamashek, la lingua dei tuareg - che racchiudono lo spirito della resistenza e della ribellione - tra ballate ipnotiche e brani nello stile di cui è pioniere, che lui stesso chiama affettuosamente 'Tuareggae', un’unione tra il blues/rock Tuareg con lo stile raggae one drop. Alla fine i saluti: Un grazie al pubblico e di nuovo l'appello, forte, accorato: "La pace è fondamentale, noi gente del deserto lo sappiamo. Viva la pace, viva la musica!", si congeda.
Si chiude così la quarta edizione della rassegna musicale 'Venere in Musica' - ideata dal Parco archeologico del Colosseo diretto da Alfonsina Russo, curata da Fabrizio Arcuri che firma la direzione artistica - che ha visto, dal 19 al 22 giugno, esibirsi nello scenario unico del più grande edificio sacro costruito dai romani voluto da Adriano, costruito a partire dal 121 d.C. e dedicato alla dea Roma Aeterna e alla dea Venus Felix, quattro protagonisti della musica internazionale quali Vinicio Capossela, Malika Ayane, Salif Keïta e Bombino.