Duran Duran live a Milano, oltre le mode restano le canzoni

In 20mila all’ippodromo di San Siro per i paladini del New Romantic che dedicano parole a Gaza e Ucraina

I Duran Duran sul palco degli I Days a Milano
I Duran Duran sul palco degli I Days a Milano
21 giugno 2025 | 00.05
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Negli anni '80 i Duran Duran erano considerati un gruppo da teenager. In realtà sono grandissimi musicisti, che hanno scritto pezzi che rimarranno per sempre. Del resto, anche definirli solo una band sarebbe riduttivo: sono stati un fenomeno di costume per generazioni intere di fan, che si identificavano nel loro stile di vita oltre che nella loro musica. A 40 anni dalla loro prima storica esibizione in Italia, nel 1985 al Festival di Sanremo, e dopo il ritorno sullo stesso palco nel febbraio scorso, i paladini del New Romantic fanno tappa all’Ippodromo di San Siro di Milano per gli I Days davanti a circa 20mila spettatori per la quarta data italiana del tour europeo. Prima di loro il trio di Les Votives da X Factor, con il loro chic rock e influenze garage anni ‘70. Sotto al palco un esercito di fan affezionatissimi, molti dei quali ex teenager e ragazzine che sognavano di sposare Simon Le Bon.

E' il 2025 ma sembra di essere tornati al 1984, davanti a Mtv con i diari pieni di ritagli con la faccia di Le Bon. I nostri salgono sul palco tutti insieme, con l'andatura dei musicisti esperti. Simon in camicia nera e denim argentati, con lo sguardo di chi ha attraversato mode e generi musicali senza perdere un briciolo del proprio stile. La voce ancora in gran spolvero, più matura ma sempre inconfondibile. Al suo fianco, Nick Rhodes impeccabile ai synth, John Taylor sexy come non mai al basso, e Roger Taylor ancora in ottima forma alla batteria. Il loro live è una sequenza impressionante di hit che tutti conoscono perché hanno fatto da colonna sonora alla propria vita. L’apertura con ‘Night Boat’ è un inizio atmosferico. Poi a raffica arrivano i classici, a partire da ‘The Wild Boys’, ispirato all’omonimo libro di William S. Burroughs e con un video che fu rivoluzionario all’epoca. I visual che accompagnano oggi il brano sul palco non sono da meno, tra cyberpunk e immagini che ricordano l’iconografia metal degli Iron Maiden, mostri e zombie con zanne affilate.

Come prevedibile il pubblico impazzisce. E poi, ‘Hungry Like the Wolf’, inno pop anni ‘80, tra i più amati dai fan, ‘A View to a Kill’, unico tema di James Bond a raggiungere il numero uno negli Usa, che con i suoi synth avvolgenti sfoggia ancora oggi il suo incredibile appeal. Tra i medley e le cover spicca ‘Psycho Killer’ dei Talking Heads, dall’ottimo recente lavoro ‘Danse Macabre’ ma senza Victoria De Angelis dei Maneskin al basso, suonata insieme a Girls on Film. Per il finale nell’encore immancabili ‘Rio’, e ‘Save a Prayer’, la ballad per eccellenza che ancora oggi non smette di emozionare. Prima di intonarla Le Bon sventola una grande bandiera italiana ricordando il legame profondo con il nostro Paese.

Nel prato dell’ippodromo, tra t-shirt celebrative, palloncini per festeggiare il compleanno di John Taylor (il pubblico e anche Le Bon intoneranno ‘Happy Birthday’ con tanto di torta sul palco) e cartelloni colorati, si respira un affetto raro. C’è chi ha portato i figli adolescenti, intere comitive che se ne sono fregate dello sciopero dei mezzi e sono venute lo stesso in trasferta, chi ha trascinato il marito e chi guarda Simon Le Bon con lo stesso sguardo sognante di 40 anni fa.

È una festa in cui si balla e si canta senza sosta ma senza dimenticare i drammatici avvenimenti nel mondo che Le Bon, prima di intonare ‘Ordinary World’, ricorda sul palco, invitando i fan a non voltare le spalle. “Ci sono persone che muoiono a Gaza - osserva il cantante -. Il popolo di Israele sta combattendo contro il proprio governo e ricordiamo anche i nostri fratelli e sorelle in Ucraina che stanno entrando nel quarto anno di guerra e sembra che non ci sia fine. Tutte queste persone stanno combattendo per vivere la vita in pace nel loro Paese, nel loro mondo ordinario”.

I Duran Duran hanno coniato un’estetica pop che rimane unica nel suo genere. A lungo etichettati come semplici idoli da poster, Simon Le Bon e compagni si sono ripresi la scena a testa alta: pionieri del suono e dell’estetica, architetti di un pop visionario che ha saputo mescolare influenze e anticipare i tempi. Oggi la critica li guarda con occhi nuovi e, finalmente, con il rispetto che meritano. (di Federica Mochi)

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