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Il cuore può ringiovanire? Studio italiano sulle cellule nervose

Lo studio pubblicato su 'Minerva Cardiology and Angiology' da Massimo Fioranelli, dipartimento di Scienze umane dell'università 'Guglielmo Marconi' di Roma

Una visita cardiologica - (Fotogramma)
Una visita cardiologica - (Fotogramma)
07 febbraio 2024 | 12.02
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"Ogni organo ha un cervello ed è possibile ringiovanire le cellule nervose come abbiamo fatto con il cuore". E' lo studio pubblicato su 'Minerva Cardiology and Angiology' da Massimo Fioranelli, dipartimento di Scienze umane dell'università 'Guglielmo Marconi' di Roma e responsabile del Centro di Cardiologica e Medicina integrata della Clinica Sanatrix di Roma. Perché il cuore ha un cervello? "Oggi noi verifichiamo grazie alla tecnologia aspetti della medicina che già 4mila anni fa altri avevamo notato - racconta il cardiologo - In Cina avevano talmente sviluppato un senso d'osservazione che oggi capiamo - e verifichiamo - questo livello con la nostra tecnologia. Nell'antica Cina vedevano che quando un paziente aveva una frequenza del cuore fissa, come il beccare del picchio o le gocce di pioggia sul tetto, sarebbe deceduto entro 4 giorni. Negli anni '70 grazie alle prime unità coronariche abbiamo analizzato questo fenomeno e scoperto che quando il cuore ha un frequenza fissa, senza variazioni, si è in presenza di una compromissione dello stato di salute; questo ad esempio è frequente nei diabetici. La ricerca ci ha fatto comprendere che nel cuore, come in tutti gli organi, c'e un piccolo cervello composto da 40-80mila cellule nervose".

"Questi neuroni, come quelli del cervello, producono neurotrofine il cui capostipite è l'Ngf, una proteina scoperta dal premio Nobel Rita Levi Montalcini - ricorda Fioranelli - Poi la comunità scientifica ne ha scoperte altre, ad esempio il Bdnf, un fattore neutrofico derivato dal cervello - una neurotrofina essenziale per lo sviluppo e la sopravvivenza neuronale, la plasticità sinaptica e la funzione cognitiva - che non produce solo il cervello ma tutti gli organi, che hanno appunto un piccolo cervello. Negli anni si è studiato il Bdnf e si è visto che una sua carenza può far progredire malattie neurodegenerative, la depressione, ma anche le malattie cardiovascolari o lo scompenso cardiaco". Poi arriva l'idea alla base dello studio.

"Si è pensato di somministrare Bdnf nella fibrillazione atriale, una aritmia benigna che può mettere a rischio ictus molti pazienti. Abbiamo visto che la somministrazione di Bdnf riduceva gli episodi di fibrillazione atriale in modo statisticamente significativo, in modo progressivo all'innalzarsi dell'età. In conclusione, il cuore produce delle sostanze per riparare se stesso, il Bdnf ha un effetto trofico e rigenerativo rispetto alla cellule perdute: abbiamo ringiovanito le cellule nervose del cuore".

Quali sviluppo può avere l'uso della neurotrofina Bdnf sui pazienti più critici? "L'uso di questa sostanza con potenti effetti antiossidanti contrasta l'invecchiamento delle cellule nervose e cerebrali, ed agisce sull'invecchiamento delle cellule del cuore. Nello specifico è già in commercio un prodotto che contiene questo neurotrofina". L'esperienza su questo campo è stata raccontata da Fioranelli in un libro, 'Cardiologia Integrata' (Tecniche nuove).

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