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Vaccini, l' infettivologo Di Perri: "Senza avremmo mortalità infantile più alta"

04 febbraio 2021 | 12.22
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"Se non ci fossero stati i vaccini avremmo sicuramente una mortalità infantile molto più alta e un rimodellamento demografico diverso rispetto a quello attuale. Credo che lo spostamento delle priorità dell'attenzione scientifica e medica sarebbe diverso. Oggi ci concentriamo sulle patologie cardiovascolari, metaboliche, sulle disfunzioni d'organo, sull'aspettativa di vita che vede, per esempio, il nostro Paese nelle prime 10 posizioni: 83 anni e mezzo. Rischiamo di morire molto meno di una serie di malattie che abbiamo già prevenuto in età infantile proprio grazie ai vaccini e andiamo verso la prevenzione cardiovascolare facendo attenzione alla dieta e a tutta una serie di misure che cento anni fa non facevano parte del nostro quotidiano".

Lo afferma Giovanni Di Perri, responsabile Malattie infettive dell'Ospedale Amedeo di Savoia di Torino, protagonista della seconda testimonianza della 2° edizione di 'A/Way Together', il progetto di Janssen - l'azienda farmaceutica del gruppo Johnson & Johnson - che vede coinvolte 5 eccellenze dell'infettivologia italiana. Obiettivo dell'iniziativa: fare chiarezza sull'importanza che i vaccini hanno rivestito nella storia dell'uomo.

E a proposito dell'impatto che hanno avuto i vaccini nella storia dell'umanità, Di Perri ricorda che "un secolo fa anche un ospedale come quello in cui lavoro era diviso in padiglioni: per la difterite, per la poliomielite o altre malattie trasmissibili proprio per evitare i contagi. Oggi, invece, quasi tutte queste patologie sono prevenibili grazie al vaccino. Purtroppo, però, anche nelle malattie infettive sono nati nuovi problemi negli ultimi 30 anni che, a vario titolo, vengono combattuti facendo ricorso ai vaccini, a nuovi farmaci e alla prevenzione. E' una guerra continua. Al mondo siamo 8 miliardi di persone, eravamo la metà 50 anni fa. C'è un rimodellamento ambientale, umano, comportamentale, tecnologico che indubbiamente ci porta sempre a nuove sfide".

Anche sull'introduzione dei vaccini nelle campagne di salute pubblica, Di Perri non ha dubbi: "I vaccini - evidenzia l'infettivologo - sono strumenti di prevenzione che fanno riferimento a quella che è la salute pubblica, la cui tutela è uno degli indicatori di civiltà. Poter contare su strumenti in più che sono capaci di prevenire specificamente determinate malattie fa parte dell'evoluzione e della valorizzazione della vita umana che non ha precedenti".

"Oggi - conclude Di Perri - l'uso dei vaccini fa parte della volontà di raggiungere obiettivi molto ambiziosi. Pensiamo alle malattie già eradicate o a quelle che sono in fase di eradicazione, come ad esempio la poliomielite che è stato un incubo per la mia generazione. Io avevo pochi anni quando iniziò la distribuzione della vaccinazione e oggi siamo molto vicini a vedere il traguardo finale dell'eradicazione".

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